Omicidio a Villapiana, ecco il profilo del boss ucciso Leonardo Portoraro

Da Francavilla Marittima a Corigliano sino a Cosenza e con agganci nel Reggino. Il 60enne ucciso oggi era stato al centro di diverse dinamiche criminali della Sibaritide

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di G. B.
6 giugno 2018
14:05

Veniva ritenuto sin dalla metà degli anni ’80 il boss indiscusso di Francavilla Marittima, Leonardo Portararo, ucciso oggi a colpi di mitra. Un personaggio al centro delle cronache e fra i protagonisti - secondo gli inquirenti - delle dinamiche criminali della Sibaritide. Scaltro e con agganci importanti anche con le maggiori cosche della provincia di Reggio Calabria, Leonardo Portoraro era sinora riuscito ad uscire indenne da una fitta trama di tradimenti ed alleanze, pur pagando un prezzo altissimo: l’omicidio del fratello Giovanni e di Salvatore Nigro, massacrati a colpi di pistola nel gennaio del 1992 davanti alla scuola elementare di via Siena, a Cassano, sotto gli occhi terrorizzati di centinaia di scolari.

 


Una cruenta missione di morte, in stile ‘ndranghetistico, organizzata traendo in inganno proprio Leonardo Portoraro che, nei primi anni ’90, aveva tradito persino il clan del salernitano Giuseppe Cirillo, trasferitosi a Sibari e divenuto il dominus assoluto di tutte le dinamiche criminali della Sibaritide. Il duplice omicidio di Portoraro e Nigro scatenò la vendetta di Leonardo Portoraro il quale, secondo l’ex boss di Cosenza Franco Pino (passato fra i collaboratori di giustizia), ordinò l’uccisione, sempre a Cassano, di Alfredo Elia e Leonardo Schifini. Killer e mandanti del duplice delitto di Giovanni Portoraro e Salvatore Nigro sarebbero stati individuati solo a distanza di anni.

Un diabolico patto sarebbe stato siglato tra gli “azionisti” coriglianesi del boss Santo Carelli ed il clan cosentino di Franco Pino per regolare i conti nel Cassanese.

 

L'agguato mortale sarebbe nato all'ombra di un inganno. Gli esecutori della missione omicida sarebbero infatti partiti da Cosenza e da Corigliano. Conferme in questo senso sono arrivate direttamente ed indirettamente dai collaboratori di giustizia Franco Pino, Giovanni Cimino, Umile Arturi e Pasquale Tripodoro. Franco Pino, in particolare, sarebbe stato invitato personalmente da Santo Carelli a inviare due ragazzi per sbrigare un «lavoro a Cassano».

 

Franco Pino, con il suo gesto, avrebbe tradito l'antica amicizia che lo legava a Leonardo Portoraro, stringendo, di fatto, un accordo con Carelli. Un'alleanza creata per sbarazzarsi di Leonardo Portoraro, che con gli uomini di Santo Carelli era da tempo in guerra. Leonardo Portoraro non avrebbe mai immaginato che il boss di Cosenza fosse in combutta con i coriglianesi. L'idea neppure lo sfiorò, tanto da sfogare la sua rabbia verso altri obiettivi, scatenando, di fatto, una vera e propria guerra nella Sibaritide. Era riuscito però sinora a salvarsi grazie anche alla protezione del clan Morabito di Africo. Sino alla giornata odierna in cui ha trovato la morte.

 

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