Tra i parlamentari anche i calabresi Bianca Laura Granato e Margherita Corrado. Primo firmatario Saverio De Bonis: «Razzismo verso i meridionali»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Che vincere la guerra sarebbe stato difficile lo sapevano. Ma nonostante l’ultima battaglia persa - il No del ministro Franceschini -, i promotori della chiusura del Museo Lombroso di Torino non intendono mollare. Così, nove senatori guidati da Saverio De Bonis (De Falco, Fantetti, Lonardo, La Mura, Angrisani, Buccarella e le calabresi Corrado e Granato) hanno presentato una mozione per indirizzare, in caso di voto favorevole dell’Assemblea, l’azione del Governo sulla questione.
I motivi dell’azione parlamentare sono noti: il Museo Lombroso, di proprietà dell’Università di Torino, è considerato da più parti “un museo degli orrori” nel quale sono esposti numerosissimi reperti umani – in prevalenza di meridionali - che l’antropologo veronese utilizzò per affermare le sue teorie pseudoscientifiche sul “criminale per nascita”, individuabile, a suo parere, attraverso alcune caratteristiche fisiche e precisi tratti fisiognomici. Teorie che furono confutate già quando Lombroso era in vita, che comunque gli hanno fruttato l’appellativo di “padre” della criminologia moderna.
«Non chiuderei il museo neppure se potessi», ha detto il ministro della Cultura Dario Franceschini nella riposta all’interrogazione parlamentare presentata da De Bonis.
Così, a poche ore di distanza, c’è stata la presentazione della mozione.
«Su alcuni punti fondamentali – si legge nell’atto parlamentare -, le teorie di Cesare Lombroso non furono semplici errori scientifici compiuti in buona fede ma vere e proprie manipolazioni; lo si evince chiaramente a seguito di un sopralluogo organizzato dal primo firmatario della presente mozione con i dirigenti del museo, effettuato il 7 giugno 2021 con una delegazione composta dal professor Giuseppe Gangemi dell'università di Padova, autore del saggio "Stato carnefice o uomo delinquente - la falsa scienza di Cesare Lombroso" e altri meridionalisti: Roberto d'Alessandro, Amedeo Colacino, Enrico Fratangelo, Domenico Iannantuoni, Emilio Zangari. Il museo non opera questa distinzione e non mette in evidenza il fatto che Lombroso seguisse criteri riconosciuti come poco scientifici o ascientifici già dai suoi contemporanei».
E ancora: «Il museo rappresenta la più grande "fossa comune" di meridionali esistente al mondo, dato che vi sono contenuti i crani di uomini ritenuti delinquenti. Lombroso si basava infatti sulla tesi "dell'uomo delinquente nato o atavico", il delinquente per natura, individuo che recherebbe nella struttura fisica i caratteri degenerativi che lo differenziano dall'uomo "normale". La sua teoria aveva individuato il delinquente "perfetto" nel meridionale».
De Bonis e gli altri firmatari imputano alla direzione del museo una sorta di reticenza, che impedisce di rendere inequivocabile al visitatore la natura fallace degli studi di Lombroso e l’atteggiamento doloso con il quale manipolò le sue ricerche per alimentare una tesi precostituita, fino a spingersi verso teorie autenticamente razziste.
C’è poi la delicatissima questione relativa alla restituzione delle spoglie trattenute nel museo ai discendenti o alle amministrazioni comunali di origine che ne facciano richiesta. Questione che ha il suo esempio più emblematico nella battaglia legale intrapresa (e persa) dal Comune di Motta Santa Lucia, nel Lametino, per la restituzione delle spoglie del “brigante” Giuseppe Villella.
L’accusa di chi chiede l’intervento del Governo è tranciante: «Lombroso propagandò intenzionalmente idee razziste per fare gli interessi della classe dominante. La questione più profonda è dunque anche di natura politica, come dimostra bene il professor Gangemi nel già citato libro. Lombroso era perfettamente organico a una classe intellettuale che faceva gli interessi della classe dominante e pur di portare avanti la propaganda voluta dal neonato Stato unitario fu disposto a distorcere o inventare "di sana pianta" teorie che furono rifiutate con orrore dai suoi colleghi, tutto affinché la gente semplice non si lasciasse convincere a seguire progetti politici alternativi».
Dunque, con la mozione, che dovrà passare per il voto dell’Aula, si chiede al Governo di «assumere tutte le iniziative possibili affinché il museo sia chiuso, oppure, in subordine, sia aggiornata la sua missione o denominazione e nelle singole sale emerga con chiarezza l'inattendibilità delle teorie dell'atavismo criminale e l'erroneità del metodo scientifico adoperato da Lombroso». I proponenti chiedono anche che venga valutata l’opportunità «che in luogo del museo Lombroso venga ospitato il vero museo di antropologia ed etnografia, il quale esponeva anche preziosi manufatti egizi prima della chiusura al pubblico, avvenuta nel 1984 in quanto il palazzo che attualmente lo ospita non risponde più ai criteri di sicurezza». A corollario, viene chiesto di «restituire le spoglie, affinché siano sottoposte ad una legittima, etica e cristiana sepoltura, sostituendole, eventualmente, con spoglie fittizie».
LEGGI ANCHE:
Il razzismo antimeridionale in mostra nel museo di Lombroso: «Basta, va chiuso»