VIDEO | Parla Vincenzo, fratello del maresciallo Antonio Carbone, morto lunedì scorso in spiaggia a Paola per difendere la sua terra dagli incivili: «Era una persona perbene, anche se era più piccolo di me mi ha sempre difeso»
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Un uomo con spiccato senso civico, un carabiniere con la divisa cucita addosso, disposto a morire pur di difendere il mare che l'aveva visto crescere. Era questo Antonio Carbone, il carabiniere di 56 anni morto lunedì scorso a Paola dopo una lite in spiaggia avvenuta con i suoi vicini di ombrellone per difendere la sua terra. Il maresciallo dell'Arma, da anni in Piemonte e attualmente in servizio alla tenenza di Ciriè, ha accusato un malore e si è accasciato a terra subito dopo il diverbio e non si è più ripreso, è morto sotto gli occhi increduli dei presenti. La notizia ha sconvolto la comunità paolana e tutta la Calabria.
La lite davanti a numerosi testimoni
Ad innescare nel carabiniere la rabbia mortale sarebbe stato un gesto di inciviltà, ovvero un mozzicone di sigaretta che uno dei tanti occupanti della spiaggia aveva gettato in mare, proprio davanti a lui. Di lì ne era nata una discussione, diventata violenta quando i famigliari dell'incivile bagnante, tutti calabresi, avevano replicato con arroganza e maleducazione, dicono i presenti, sarebbero volate parole pesanti a cui il maresciallo Carbone avrebbe voluto reagire. Invece aveva scelto di tornarsene sotto il suo ombrellone, riportando la calma, per dare l'esempio di come si sta al mondo, forse anche per amore dei suoi due figli che erano lì con lui. Ma non c'è stato il tempo. Si è accasciato sulla sabbia rovente senza dare segni di vita e a nulla sono valsi i tentativi di rianimarlo da parte di un medico che si trovava nei paraggi. Sarà ora l'autopsia a stabilire le reali cause della morte, dal momento che la procura di Paola ha aperto un fascicolo di indagine sulla vicenda per accertare eventuali responsabilità.
Il dolore straziante del fratello
Sono passate poche ore dalla morte di Antonio Carbone e il fratello Vincenzo, docente di Fisica, scrive un accorato post sui social che in breve tempo fa il giro del web. Parla di «piccolo gesto, ma nei fatti rivoluzionario, chiedere a un gruppetto di calabresi di non distruggere la bellezza della Calabria». Non usa parole di rabbia, ma di amore verso suo fratello di qualche anno più piccolo anche quando proviamo a sentirlo a poche ore dalla tragedia. Di lui il fratello ricorda quando, ancora sedicenne, per comprare il regalo di nozze a lui e alla moglie, si mise a fare l'imbianchino per mesi. Ce lo racconta personalmente nel salotto di casa sua, perché nonostante il dolore ci ha spalancato le porte della sua casa. «È necessario - dice Vincenzo - affinché la morte di mio fratello non sia vana». E lancia un commovente messaggio a tutti i calabresi: «Spero che la morte di Antonio - ci dice - abbia toccato le coscienze di tutti. Mi auguro che il prossimo a cui verrà in mente di gettare rifiuti in mare, possa pensare al suo sacrificio e desistere dal farlo. Solo così questo episodio potrà avere un senso».
Un cittadino e un uomo esemplare
Il professore Vincenzo Carbone è un fiume in piena. La sua mente va a ritroso, a quando lui e il fratello minore erano felici e spensierati, e i suoi occhi si illuminano. «Ciò che un uomo è realmente, si vede alla fine», dice, ma stando al suo racconto Antonio è sempre stato una persona perbene, uno che non ha mai tollerato ingiustizie e soprusi. «Quando eravamo poco più che ragazzini - ricorda Vincenzo - capitava spesso che qualche bulletto mi prendesse in giro e nonostante lui fosse più piccolo ha sempre reagito, mi ha sempre difeso, diceva a tutti che io avevo un'intelligenza straordinaria». Poi le strade dei fratelli Carbone si sono divise, ma solo sulla carta. Vincenzo si sposa e rimane in Calabria, Antonio qualche tempo dopo entra nell'Arma dei carabinieri, si sposta in giro per l'Italia, poi convola a nozze anche lui e si trasferisce in Piemonte. Ma il legame non si è mai spezzato.
Il giorno della tragedia
Il maresciallo, appena poteva, tornava a casa, a Paola, per riabbracciare la sua famiglia d'origine. Così era successo anche a Ferragosto. Lui e i suoi figli avevano raggiunto la Calabria per qualche giorno di ferie, sua moglie li avrebbe raggiunti qualche giorno più tardi. Il 16 agosto Antonio era già in spiaggia per rilassarsi e staccare la spina da un anno durissimo di lavoro. Vincenzo non c'è, è a casa, ma nel pomeriggio riceve una telefonata: «Corri, Antonio sta male». Il professore si precipita in spiaggia e si trova innanzi a una scena raccapricciante, il suo amato fratello è riverso a terra esanime, mentre un medico tenta disperatamente di rianimarlo. Ma Antonio non risponde. E non risponderà più. Di lì a poco i sanitari constateranno il decesso. Vincenzo si sente crollare la terra da sotto i piedi.
Una tragedia immane
È notte fonda, Vincenzo non riesce a dormire. È frastornato, è lacerato dal dolore e ripensa a ciò che è accaduto. Accende il computer e scrive un lungo post, di getto: «Grazie Antonio per averci fatto vedere un uomo all’opera - scrive sulla sua pagina Facebook -, un uomo che si prende cura della casa comune, un uomo che con gentilezza chiede ai calabresi di non distruggere la Calabria. È morto un carabiniere nell’esercizio delle sue funzioni di essere umano, si chiamava Antonio Carbone, mio fratello». Il post incassa migliaia di like e condivisioni. Quella che il girono prima era una notizia come tante, un uomo morto perché colto da malore su una spiaggia, il giorno successivo diventa un caso e arriva diritto al cuore dei calabresi. Di quelli come Antonio Carbone, morto per difendere la sua terra.