Dieci anni. Tanto ci è voluto per chiudere il processo contro Marcantonio Macrì, condannato definitivamente a quattro anni e mezzo per la morte di tre ragazzi - Albalucia Caricari, Federica Petrolo e Alessio La Rosa - che perirono il 15 giugno del 2008, dopo una folle corsa in auto contromano, mentre alla guida era proprio Macrì. Solo dopo due annullamenti da parte della Cassazione e due nuovi processi d’appello le famiglie delle vittime hanno potuto avere le risposte che attendevano, arrivata dai giudici della Quarta sezione della Corte di Cassazione, che hanno rigettato il ricorso presentato dai legali di Macrì contro la sentenza della Corte d'Appello di Reggio Calabria, che oltre alla condanna a quattro anni e mezzo ha disposto anche sospensione della patente per due anni.

 

Erano le 2,30 di notte quando Macrì, premendo il piede sull’acceleratore oltre i limiti consentiti, nonostante la pioggia, imboccò contromano la rotatoria tra via dello Sport e via Magna Grecia-via Dromo Sud, nel centro di Siderno, perdendo il controllo dell’auto e andando a schiantarsi contro una cabina Telecom e il muro. Un impatto terribile, che non lasciò scampo ad Albalucia e Federica, morte sul colpo. Alessio, invece, che viaggiava assieme alle due ragazze sul sedile posteriore, rimase per un po’ in bilico tra la vita e la morte, in un letto degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, prima di spegnersi, mentre Macrì e un altro amico rimasero feriti. Quelle morti, secondo i giudici che hanno valutato il caso, sarebbero avvenute per «negligenza, imprudenza ed imperizia», nonché per «la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale».

La sentenza di primo grado per omicidio colposo arrivò quasi al secondo anniversario dell’incidente, il 12 maggio 2010. Il gup del Tribunale di Locri condannò a cinque anni Macrì, che usufruì dello sconto di un terzo della pena grazie alla scelta del rito abbreviato. La tragedia, infatti, non fu altro che il frutto di una manovra spericolata e ad alta velocità, sulla quale la difesa aveva provato a fornire un’interpretazione diversa: secondo gli avvocati di Macrì, l'auto sarebbe sbandata per evitare una seconda vettura. Un’ipotesi smentita dalla perizia del consulente dell’accusa. La sentenza di Locri venne confermata due anni più tardi dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, arrivando per la prima volta in Cassazione a maggio del 2013. Ma lì i giudici della Suprema Corte decisero di annullare in parte quella decisione, chiedendo ad una nuova sezione d’appello di ripronunciarsi sulla concessione delle attenuanti generiche, negate nei primi due gradi di giudizio e confermando, invece, il nucleo fondamentale del processo.


Il secondo processo d’appello non cambiò la storia: per i giudici, Macrì non avrebbe meritato attenuanti. Una decisione pronunciata il 21 aprile 2014, che la Cassazione, due anni più tardi, decise di nuovo di bocciare, rispedendo tutto indietro per un nuovo appello. Il terzo giudizio d’appello, però, ha accontentato le richieste degli Ermellini: il 26 settembre del 2017, infatti, i giudici reggini hanno riconosciuto le attenuanti generiche, riducendo di sei mesi la condanna inflitta a Macrì.

Il processo, dunque, dopo 10 anni è finalmente finito. Ma il ricordo di quanto accaduto rimane vivo nella memoria dei cittadini di Siderno, che il 15 giugno di ogni anno ricordano i tre ragazzi. Per il decennale della loro scomparsa, nel luogo in cui è avvenuto l’incidente, è stato scoperto un monumento in memoria dei tre ragazzi e di tutte le vittime di incidenti stradali, mentre è iniziato il processo di intitolazione del largo alle tre giovani vittime.