La sua presenza al fianco del pm Marisa Manzini, dopo le minacce in aula di cui è stata oggetto e desunte dalle parole pronunciate in video-conferenza dal penitenziario de L’Aquila (dove è detenuto in regime di carcere duro) da Pantaleone Mancuso “Scarpuni”, è stato un segnale forte. Un segnale di sostegno al magistrato e di determinazione della Procura generale ad andare avanti nella lotta alla criminalità organizzata.

Il boss minaccia la pm Manzini in un'aula di tribunale 

 

Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri questa mattina è arrivato puntuale all’udienza del processo “Black Money” (che vede alla sbarra i principali esponenti del clan Mancuso), tenutasi nell’aula bunker del nuovo Tribunale di Vibo Valentia. Poca voglia di parlare con la stampa, qualche battuta, ma nulla più. Non poteva, tuttavia, mancare una considerazione su quanto avvenuto nella precedente udienza con quelle frasi offensive e minatorie proferite dal boss all’indirizzo del pubblico ministero: «Fai silenzio, ca parrasti assai».

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Gratteri ha inteso subito sgombrare il campo da possibili fraintendimenti: «Quando posso, e quando le circostanze lo richiedono, vengo personalmente a Vibo Valentia. Le minacce alla Manzini? Simili dinamiche rientrano nella normalità in processi del genere e quando a parlare sono dei mafiosi». Nello specifico, per quanto riguarda l’udienza di stamattina, il collegio difensivo ha chiesto l’escussione di varie persone onde «verificare la veridicità soggettiva delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella». L’avvocato Francesco Stilo (difensore di Antonio Mancuso), in particolare, ha chiesto che vengano sentiti Saverio Nazionale, circa i suoi rapporti con Mantella nel corso degli anni dal 1990 al 2013 e, successivamente, Leone Soriano perché «possa spiegare se effettivamente abbia intrattenuto dei rapporti, durante il periodo di carcerazione a Cosenza, con Mantella». L’obiettivo della difesa è dimostrare la non credibilità delle rivelazioni del collaboratore di giustizia.

 

Lo stesso Sabatino ha chiesto che venga ascoltato il responsabile dell’istituto di pena di Catanzaro perché «è impossibile che un detenuto in regime di detenzione ordinaria possa in qualche modo conferire con un detenuto in massima sicurezza. Circostanza raccontata da Mantella che, da detenuto comune per un omicidio senza aggravanti, secondo il suo racconto, avrebbe avuto modo di interloquire con Luigi Mancuso».

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Poi è stata tirata in ballo la deposizione dell’imprenditore Francesco Cascasi: «Lo stesso, in relazione ad alcuni lavori al porto di Vibo Marina non parla di condizionamenti mafiosi, bensì di una concorrenzialità del suo progetto per un pontile con quello presentato dalla Camera di Commercio. Pertanto, si chiede che venga sentito come teste anche il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Vibo Valentia».

 

Dopo dieci minuti di pausa, necessaria per visionare la documentazione, il pm Marisa Manzini si è opposta alla richieste perché «non sussistono le condizioni di necessità». L’appuntamento, adesso, è per lunedì prossimo quando sarà chiamato a testimoniare Nazzareno Colace, sodale al gruppo criminale dei Mancuso e loro rappresentante nella zona delle Marinate.