Formalmente non ci sono Caf indagati nell’inchiesta Tentazione, ma ugualmente, l’operatività di chi aiuta i migranti nelle domande per il Reddito di cittadinanza è attenzionata dai carabinieri. Lo si apprende all’indomani delle denunce, almeno 177, fatte dall’Arma investigando sugli ospiti della tendopoli di San Ferdinando. Su 530 africani residenti nella struttura ministeriale, era risultato che in 200 avevano fatto domanda del sussidio – percependolo – numeri che avevano insospettito i carabinieri che decidevano di allargare il focus sulla sospetta rete di complicità.

«Sia agli italiani che agli stranieri chiediamo di base il modello Isee», spiega l’impiegato di un Caf della Piana reggina. Solo che, l’indagine guidata dai militari del capitano Andrea Barbieri ha messo in evidenza come successivamente all’accesso dei richiedenti negli uffici, ben pochi sarebbe stati i controlli sulla veridicità delle autocertificazioni. «Questo sistema fraudolento – risponde un cittadino di Gioia Tauro – va colpito indipendentemente da chi lo metta in piedi». In effetti, all’indomani dell’investigazione dei carabinieri di San Ferdinando guidati dal Maresciallo Superiore Francesco Vadalà, nessuna presa di posizione e nessun chiarimento è arrivato dai Centri sindacali che gestiscono queste pratiche, un velo di silenzio che certamente non aiuta a prevenire eventuali altre reiterazioni del reato.

«Non mi stupisco che chi ha bisogno tenti di arrangiarsi – commenta un pensionato – è giusto però che il governo intervenga». Un Reddito dalle maglie troppo larghe e al di là del colore della pelle, quindi, e un cittadino – intervistato davanti all’Ufficio postale di Gioia Tauro – invita a «a stare attenti alla documentazione prodotta poiché la legge è chiara: bisogna essere in Italia da almeno 10 anni, di cui 2 continuativi, per avere diritto».