Polemiche sul post scritto da Giovanna Bertamino, amministratrice ligure, che sul suo profilo Facebook commenta la morte del migrante maliano Soumaila Sacko con sprezzante e ingiustificato cinismo. Poi ritratta. Ma la pezza è molto peggio del buco
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Un'uscita infelice e una successiva, maldestra retromarcia. Come spesso accade sui social, una riflessione momentanea, uno sfogo scomposto, un pensiero superficiale, acquista dignità di diffusione, raggiungendo migliaia di contatti. Viene letto, commentato, eventualmente condiviso, magari nei commenti si rincara la dose, si trascende, si va oltre.
Accade così che mentre a 1200 km di distanza si indaga sulla morte assurda di un 29enne freddato a colpi di fucile mentre prelevava delle lamiere da un capannone in disuso, un utente Facebook componga un pensiero di questo tipo, che nello spazio di pochi minuti si materializza in un post che raggiunge migliaia di utenti: “Non è perché era sempre in prima fila coi sindacati per i diritti dei migranti che è stato freddato in Calabria, ma è perché insieme ai suoi complici stava fottendo dell'alluminio. We don't call 112". Noi non chiamiamo il 112. Niente soccorsi per il nero che dopotutto era sempre pur sempre un ladro.
A comporre questo raffinato pensiero è stata Giovanna Bertamino, vicesindaco di Deiva Marina, comune in provincia di La Spezia, che galvanizzata dai commenti sotto il post, snocciola tutta la sua sapienza in materia di gestione dei migranti e difende la validità delle sue affermazioni con piglio da antropologa: “Quando ai tuoi simili vengono offerti vitto e alloggio, non è bello. Ma se a loro non fosse offerto nulla, non sarebbe egualmente bello che qualcuno venisse in casa tua a rubare materiale per costruirsi la sua casa, almeno fino a quando nel tuo paese sarà riconosciuta la proprietà privata. Questo signore conosceva meglio di altri le strade lecite per aiutare i propri simili e non mi pare proprio il caso di glorificare come un eroe un ladro”.
Ma leggendo queste parole viene da chiedersi, cos’è che non sa la vicesindaca Bertamino? Probabilmente non sa dove si trovi Vibo Valentia, figuriamoci San Calogero o San Ferdinando. Non sa, ad esempio, che i pomodori che probabilmente ha mangiato qualche giorno prima sono il frutto di sfiancanti giornate nei campi per una paga misera, sotto il peso della fatica e dei pregiudizi. Lunghe ore a strappare un altro brandello di sopravvivenza da trascorrere in una tendopoli affollata, sporca e insicura. In quello che di fatto è un ghetto autorizzato. Che dà fastidio, ma fa anche comodo, perché contiene e allontana ciò che non si vuole vedere.
Di sicuro la vicesindaca Bertamino non sa che Soumaila Sacko, il 29enne ucciso il 2 giugno scorso a San Calogero, era arrivato dal Mali su un barcone, e che si occupava di difendere il suo lavoro e anche quello degli altri come membro dell’Unione dei sindacati di base. Tanto che l’amministratrice illuminata, ripresa da alcuni dei suoi contatti che giudicano il post xenofobo e offensivo della memoria di un ragazzo che ha pur sempre perso la vita, a prescindere dal colore della pelle, cerca di moderare i termini e abbassare i toni. "Non ho mai detto che dovevano sparargli – spiega commentando il suo stesso post - ma non possiamo far finta che non fosse lì a rubare". L'invito a non chiamare i soccorsi? Travisato. – e conclude - non sono razzista, ho detto solo la verità". Un tentativo maldestro di correggere la rotta di un ragionamento indifendibile che sprizza superficialità da ogni sillaba. La considerazione amara che il livello di assuefazione alla povertà per un territorio come la Calabria, è talmente forte che "frugare fra i rifiuti" è considerato rubare. Quella ancora più amara che la Bertamino non è un utente Facebook qualsiasi, ma amministra un territorio. E ogni sua parola dimostra un'impenetrabile approssimazione. Perché le cose che la vicesindaca non sa sono veramente troppe. Non sa, e non vuole sapere. E forse è questo il vero problema.