Trasferito nel Cara e lì obbligato a rimanere per motivi ancora da chiarire. Costretto per giorni a condividere spazi e servizi con un gruppo di migranti potenzialmente a rischio Covid19, che in caso di contagio per lui sarebbe mortale. E adesso anche impossibilitato a vedere il suo avvocato.

“Prigioniero” del Cara e senza assistenza legale

Continua l’odissea di Abbas Mian Nadeem, il ragazzo pakistano da tempo regolarmente residente ad Amantea, trasferito nonostante le gravi condizioni di salute al Cara di Isola Capo Rizzuto in circostanze per ragioni  che nessuno ha inteso chiarire ufficialmente. Sieropositivo e affetto da epatite B e C, Abbas è stato costretto ad oltre una settimana di coabitazione forzata con un gruppo di altri migranti, negativi al tampone ma in quarantena perché appena sbarcati in Italia dopo aver viaggiato con alcuni positivi, prima di essere trasferito in infermeria. Ma da allora, nonostante abbia nominato formalmente un difensore che lo assista, non è ancora riuscito ad incontrarlo.

Istanze difensive rimaste lettera morta

Inutilmente l’avvocato Francesco Sicilia, che insieme al collega Alessandro Ferrara di Roma assiste Abbas, nei giorni scorsi è stato per ore di fronte al Cara, chiedendo di poter parlare con il suo assistito. Senza un provvedimento scritto, né una motivazione formale, l’accesso gli è stato negato. Inutili le richieste di spiegazioni, lettera morta sono rimaste le infinite pec, inviate per conoscenza anche alla Procura della Repubblica di Crotone e al Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, per denunciare la chiara violazione del diritto di difesa di Abbas.

«Le autorità stanno violando i diritti di Abbas»

«Le autorità stano ponendo in essere una grave violazione del diritto alla libertà personale, del diritto di difesa e del diritto alla salute, diritti inviolabili e preminenti tutelati dalla Costituzione, impedendo l’accesso all’assistenza legale fiduciaria da parte del cittadino straniero» scrive l’Asgi, associazione studi giuridici sull’immigrazione, che con una nota è intervenuta sulla vicenda. Abbas – si legge - «si trova allo stato attuale in una condizione di fatto di illegittima privazione della libertà personale, in assenza di un provvedimento che giustifichi tale privazione, che esula dalle misure di prevenzione del contagio».

«La difesa è un diritto non un optional»

Insomma, è di fatto detenuto senza alcuna motivazione valida o conosciuta e per di più «in una dinamica di esclusione e confinamento che anzi data anche la sua condizione di vulnerabilità la espone a rischi concreti di compromissione del diritto alla salute». Ed è vero, la pandemia ha imposto nuove misure di prevenzione e controlli – affermano dall’Asgi – «il diritto ad incontrare e farsi assistere dal legale di fiducia è un diritto funzionale al pieno esercizio delle garanzie di difesa del cittadino destinatario di una misura, di fatto, restrittiva della sua libertà personale».

«La pandemia non può giustificare violazioni»

E la quarantena precauzionale, che per Abbas si è resa necessaria dopo essere stato messo a contatto con un gruppo di migranti a rischio con cui prima – ha inutilmente giurato a chiunque ci abbia parlato – non aveva mai avuto alcun rapporto «non deve comportare restrizioni sull’effettivo esercizio delle garanzie poste a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri» puntualizzano dall’Asgi. Al momento però né la Croce Rossa Italiana, che gestisce il Cara, liberato dal clan Arena dall’inchiesta antimafia Johnny, né la prefettura di Crotone hanno risposto alle innumerevoli sollecitazioni inviate dai legali di Abbas.

Continua l’incubo di Abbas

Lui sta fisicamente in condizioni discrete, sono riusciti a sapere i suoi legali contattandolo al suo cellulare personale. Da quando è stato trasferito in infermeria, su indicazione dell'ex direttore sanitario poi sospeso perchè sospettato di aver rivelato informazioni sulla kafkiana vicenda di Abbas, il ragazzo è riuscito anche a ricominciare con la terapia antiretrovirale che segue da tempo per combattere l’insorgenza dell’Aids. Ma è stanco, stremato, continua a non capire per quale motivo sia stato strappato dalla sua casa e dalla sua vita, perché ancora gli impediscano di tornarci. E nessuno si è disturbato a dirgli quando lo potrà fare. 


Al Cara 5 positivi, ma nessuna emergenza focolai

Nel frattempo, al Cara 5 dei 129 migranti sbarcati su due distinte imbarcazioni sabato scorso sono risultati positivi al Covid19, sebbene asintomatici e in discrete condizioni di salute. Ma non c’è nessun rischio focolaio. I migranti appena sbarcati sono ormai per prassi ospitati in zone del campo dedicate e non possono avere contatti con gli altri e i cinque positivi sono già stati isolati e messi in quarantena. Stessa misura cui sono stati sottoposti in via precauzionale i loro compagni di viaggio.