Intervista a Rosalbino Cerra, segretario regionale della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg): «Dispositivi di protezione, tamponi antigenici e vaccini, antinfluenzali: gestione fallimentare»
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Non ci sono solo ospedali pieni e tracciamenti saltati da settimane tra i problemi nella gestione del Covid in Calabria. Nella battaglia quotidiana contro il virus ci si dimentica spesso dei medici di base, lasciati senza armi a fronteggiare la pandemia sul territorio.
Sono come i soldati di fanteria chiamati ad affrontare per primi il nemico e contenerne l’offensiva. Fanti dalle armi spuntate, però, perché lo Stato maggiore non li ha armati a dovere. Fuori dalla metafora militare e dalla retorica anche in Calabria, in questa seconda ondata, i medici di base stanno cercando di limitare i danni al netto di un sistema sanitario regionale che, per usare un eufemismo, è in grande affanno.
«I medici di medicina generale in Calabria – spiega Rosalbino Cerra, segretario regionale della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg) - controllano a domicilio circa 2300 pazienti calabresi che hanno contratto il Covid-19: un lavoro difficile e importante. Per capire le proporzioni diamo un dato: negli ospedali della nostra regione sono ricoverati circa 400 pazienti: pensate che cosa succederebbe se quelle 2300 persone dovessero essere curate in ospedale».
Un lavoro impagabile, ma che si scontra ogni giorno con problemi pratici che il sistema non riesce a risolvere nei tempi che richiederebbe una lotta epocale come quella alla pandemia. In questa battaglia quotidiana, però, non sono mancate critiche anche feroci nei confronti di quei medici di famiglia accusati di essersi "imboscarsi" rifiutandosi di ricevere i propri assistiti. Cerra è lapidario su questo tema: «Io non difendo gli imbroglioni - sottolinea - ma il cittadino può muoversi per risolvere il problema: basta fare una segnalazione al capodistretto e il giorno dopo può cambiare il proprio medico»
Il vaccino antinfluenzale
«Prima di parlare di Covid mi faccia dire una cosa – tuona Cerra - È importante che i calabresi sappiano che i medici di medicina generale sono pronti a fare il vaccino antinfluenzale del primo ottobre, però, il sistema che avrebbe dovuto gestire l’acquisto, stoccaggio e distribuzione è stato assolutamente penoso.
In gran parte delle zone della Calabria abbiamo a disposizione metà o addirittura un quarto delle dosi necessarie di vaccino. Il sistema è andato in default proprio in quella che doveva essere la vaccinazione antinfluenzale più importante degli ultimi anni. Stiamo lasciando senza vaccino una parte della popolazione a rischio».
Tamponi antigenici
Ritardi e disorganizzazione si riscontrano anche per l’effettuazione dei tamponi antigenici da parte dei medici di famiglia. «Abbiamo firmato un accordo con la Regione Calabria 15 giorni fa – spiega il segretario Fimmg - ma ad oggi non è stato ancora pubblicato. Questo si traduce nell'impossibilità da parte dei medici di famiglia di poter fare gratuitamente ai cittadini i tamponi antigenici. Tutto ciò mi pare scandaloso, soprattutto in un momento di grande emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo. Ho sentito negli ultimi giorni molti colleghi che si stanno organizzando per poter effettuare i tamponi superando il problema dei locali, perché naturalmente non si posso fare i test in un condomio. Tutto i nostri sforzi, però, servono poco se la Regione Calabria non pubblica quell'accordo rendendolo operativo».
Dispositivi di protezione
Un altro tema dolente è proprio quello dei dispositivi di protezione, fondamentali per chi deve gestire pazienti (non solo Covid) durante una pandemia. «La gestione della distribuzione dei dispositivi di protezione ai medici di famiglia da parte delle istituzioni – secondo Cerra - è assolutamente scandalosa, tanto che un collega di medicina generale è deceduto a Catanzaro la scorsa settimana. Non sono stati mai consegnati ai medici mascherine, visiere, camici, guanti».
Le Usca
Sembra andare meglio, rispetto agli scorsi mesi, l'organizzazione delle Usca sui territori provinciali. Nelle Unita sanitarie di continuità assistenziale (Usca) lavorano i medici che devono intervenire quando le condizioni di un pazienze curato in casa necessitano di una visita di persona. «Per settimane - spiega Cerra - era quasi impossibile parlare con le Usca perché i medici non avevano una linea dedicata e l'attesa per potersi mettere in contatto era molto lunga. Adesso, finalmente, ci hanno dato un numero e la situazione è migliorata tantissimo».