Un’associazione a delinquere dedita alle truffe durante il primo lockdown: è quanto hanno scoperto i finanzieri del Comando Provinciale di Padova, diretti dalla Procura di Rovigo. Il tutto promosso da un soggetto già emerso in altri contesti investigativi per ipotizzati legami con il clan Mazzei di “Cosa Nostra”. Tredici le persone indagate, per tre di essi sono state applicate anche misure cautelari personali. 

Danni anche ad aziende calabresi

Le attività d'indagine sono state avviate dalle fiamme gialle di Este nel mese di maggio del 2020, a ridosso della conclusione del primo lockdown: è stato disarticolato un complesso meccanismo di frode che ha cagionato danni di rilevante entità nei confronti di oltre 60 operatori economici dislocati sul territorio nazionale (dai marchi leader alle piccole realtà locali in diversi settori), in particolare nelle regioni Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto.

Nel dettaglio, il sodalizio criminoso - che vede coinvolti, a vario titolo, 13 soggetti, di cui uno indagato per ricettazione e alcuni percettori del reddito di cittadinanza, e oltre 20 società ubicate nelle province di Bologna, Brescia, Milano, Modena, Padova, Novara e Varese - approfittando anche della forte recessione economica dovuta all’emergenza epidemiologica da Covid-19, aveva individuato due strutture, apparentemente floride, site nelle zone industriali di Sant’Elena e Carmignano di Brenta (nel Padovano), quali basi logistiche dell’organizzazione.

Aziende messe a nuovo per operare truffe

Grazie all’assistenza di due professionisti (uno della provincia di Padova e l’altro catanese), il sodalizio, alterando i dati di bilancio e individuando “prestanome” insospettabili, rigenerava aziende, di fatto inattive o decotte, al solo scopo di renderle appetibili al mercato e di poter avviare collaborazioni commerciali per approvvigionarsi, indiscriminatamente, di significativi quantitativi di merce.

Tale modus operandi consentiva alle società, veicolo della truffa, di risultare “in salute” all’atto della valutazione del merito finanziario operata dai fornitori per verificare la solvibilità dei propri clienti, così beneficiando di condizioni di pagamento molto vantaggiose, tra cui dilazioni di pagamento anche superiori ai 90 giorni.

Presentandosi sul mercato con i suddetti requisiti, le imprese facevano incetta all’ingrosso di prodotti agroalimentari, edili ed elettronici, che puntualmente non venivano pagati, adducendo motivazioni legate alle difficoltà connesse al periodo di lockdown - ivi compresa la costituzione della zona rossa nel vicino comune di Vo’ (PD) - o utilizzando mezzi di pagamento “falsi” (assegni scoperti o bonifici bancari immediatamente annullati).

Le merci rivendute a terzi

I prodotti “acquistati”, che sostavano nelle citate basi operative il tempo strettamente necessario per organizzare logisticamente il loro successivo trasferimento, venivano trasportati in un capannone sito nella provincia di Brescia e, successivamente, distribuiti ad ulteriori operatori economici attraverso canali secondari.
Proprio nel capannone di Brescia, nel novembre 2020, i finanzieri della Compagnia di Este, intercettando i dati di alcuni documenti di trasporto, hanno sottoposto a sequestro beni per oltre 1,2 milioni di euro, tutti derivanti dalle condotte truffaldine perpetrate dal sodalizio nel Nord Italia.

Danni per 1,4 milioni di euro

Non appena la pretesa dei fornitori è divenuta insostenibile, la consorteria si è spostata repentinamente, individuando nuove basi logistiche all’insaputa dei truffati.
In appena sei mesi di attività, il danno cagionato dal sodalizio a società e ditte individuali - già gravemente colpite dalla recessione economica legata all’emergenza epidemiologica da Covid-19 - è stato quantificato in oltre 1,4 milioni di euro. Vieppiù, la regolare fatturazione di questi prodotti ha generato la crescita del volume d’affari delle aziende interessate e, in diversi casi, non ha permesso alle stesse di accedere ai fondi statali a sostegno delle imprese per il rilancio dell’economia.

Al contrario, le Fiamme Gialle - nel corso delle perquisizioni effettuate presso l’indirizzo di residenza del promotore dell’associazione, un lussuoso appartamento in locazione del valore di oltre un milione di euro, sito in uno dei quartieri più esclusivi di Milano - hanno rinvenuto (benché costui risultasse nullatenente) tre autovetture di lusso e ricercati elementi d’arredo di altissimo valore: tra questi spiccano alcune gigantografie ritraenti Tony Montana, interpretato da Al Pacino nella nota pellicola di Brian De Palma, protagonista del film cult “Scarface”.

Tre misure cautelari personali

A conclusione dell’articolata attività d’indagine, il Gip del Tribunale di Rovigo, condividendo appieno la ricostruzione operata, ha emesso tre misure cautelari personali nei confronti dei vertici del sodalizio (custodia cautelare in carcere per il citato dominus, arresti domiciliari per il factotum, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per il principale buyer), eseguite contestualmente a una serie di perquisizioni locali, che hanno permesso di sequestrare, in due capannoni industriali siti nella provincia di Brescia, ulteriori beni prodotto della truffa.