Marcello Manna, sindaco di Rende sospeso dalle proprie funzioni, affronterà da uomo libero il processo antimafia "Reset" attualmente in fase di udienza preliminare. È la certezza che si materializza dopo l'udienza del Riesame di giovedì scorso. In ballo c'era il ripristino o meno della misura cautelare - gli arresti domiciliari - emessa nei suoi confronti il primo settembre del 2022 con l'accusa di voto di scambio politico-mafioso. È finita che, per la seconda volta, i giudici catanzaresi hanno optato per l'annullamento della misura a carico del penalista cosentino.

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La prima risaliva a poche settimane dopo il suo arresto, quando sempre il Riesame lo rimise in libertà per mancanza di indizi di colpevolezza. Il provvedimento, però, era stato poi annullato dalla Cassazione che aveva ordinato la celebrazione di un nuovo Riesame, ritenendo che non tutte le intercettazioni che coinvolgevano Marcello Manna fossero state valutate in modo approfondito. E così la palla, proveniente da Roma, è tornata nel capoluogo regionale.

Il risultato però non è cambiato: mancanza di indizi era e tale è rimasta agli occhi dei togati del Riesame. Di parere opposto la Dda catanzarese che, non a caso, si era presentata in forze all'appuntamento in aula: con il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla c'erano, infatti, i pm Corrado Cubellotti e Vito Valerio. I tre hanno discusso a lungo, perorando le tesi d'accusa, ma anche stavolta hanno prevalso quelle difensive illustrate dall'avvocato Nicola Carratelli. Copiosa la documentazione esibita da quest'ultimo a sostegno della propria arringa. A prescindere dall'esito, l'udienza si è rivelata più sofferta del previsto a causa di una serie di intoppi che ne hanno fatto slittare l'inizio dalle 9 del mattino alle 6 del pomeriggio. Nel caso in cui, invece, i giudici avessero deciso di riportare Manna ai domiciliari, il provvedimento non sarebbe stato esecutivo con effetto immediato, dal momento che l'indagato avrebbe avuto l'opportunità di ricorrere anch'egli in Cassazione. Ora, però, il problema non si pone più.

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Il prossimo 9 giugno, nell'aula bunker di Lamezia Terme comincerà l'udienza preliminare con 245 persone alla sbarra, tra cui anche il sindaco di Rende sospeso a seguito della condanna a due anni e otto mesi di carcere per corruzione in atti giudiziari incassata in un processo a Salerno. Nell'ambito di "Reset", invece, gli viene contestato di aver stretto accordi elettorali con la cellula rendese del clan Lanzino, quella guidata da Adolfo D'Ambrosio, al quale avrebbe promesso la gestione del Palazzetto dello sport in cambio di voti. Ciò si sarebbe verificato nel 2019, durante la campagna elettorale conclusasi con la sua rielezione alla carica di sindaco.