«L’iscrizione nel registro degli indagati di sindaci, dirigenti comunali e prefettizi è un atto dovuto. Adesso le indagini continueranno per stabilire con precisione ognuna delle eventuali condotte». Ci va molto cauto il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri nel descrivere e addebitare responsabilità penali agli amministratori coinvolti nell’inchiesta “Mala depurazione” che ha visto oggi sequestrati 14 impianti, ubicati nella provincia reggina, e ben 53 persone indagate.


I sigilli sono stati apposti a sei impianti di Reggio Calabria, uno a Villa San Giovanni, due a Scilla, uno a Bagnara Calabra, due a Motta San Giovanni, uno a Marina di San Lorenzo e uno a Cardeto. Indagato anche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, alcuni dei prefetti delle terne commissariali che hanno gestito la città all’epoca dello scioglimento per infiltrazioni mafiosa, l’ex primo cittadino Demetrio Arena e l’ex presidente della Provincia Giuseppe Raffa, più tutti i sindaci e i prefetti che dal 2011 ad oggi hanno avuto competenze di gestione e controllo sugli impianti oggetto dell’indagine.


«L’elenco degli indagati - ha dichiarato alla nostra testata Bombardieri - è relativo alle posizioni che rivestivano i soggetti nell’ambito dell’amministrazione e delle società che avevano in gestioni questi depurati ma, allo stato sono tutte posizioni che devono essere oggetto di accertamento investigativo in ordine alle singole condotte che devono essere contestate».


Stando alle parole del Procuratore capo quindi, adesso gli inquirenti sono a lavoro, coadiuvati non solo dal personale della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera, ma anche di un pool di periti per stabilire precisi ruoli e responsabilità. Non è escluso infatti, che a seguito dell’esame degli atti amministrativi e gestionali qualche posizione venga archiviata mentre qualche altro soggetto venga iscritto nel registro degli indagati.

Al momento come custode giudiziale di tutti gli impianti è stato nominato il dirigente del dipartimento ambiente della Regione Calabria, ma il procuratore Bombardieri ci tiene a sottolineare che ci saranno disagi per la popolazione e che, nonostante i malfunzionamenti degli impianti non c’è rischio per la salute pubblica.


«Non dobbiamo creare allarmismi - chiosa il procuratore - i depuratori continueranno a funzionare sotto la custodia del dipartimento regionale competente. È stato lo stesso gip che ha fissato il termine di 45 giorni affinché la Regione prenda in mano la situazione e si proceda nel modo migliore possibile. Non ci sono poi situazioni - ha concluso Bombardieri - di pericolo per la salubrità pubblica e non ci sono mai state situazioni del genere altrimenti saremmo intervenuti in maniera diversa. Le conseguenze, sulla cattiva gestione della depurazione delle acque sono state di volta in volta monitorate».

 

Nel lungo elenco, però, tra quelli ipotizzati dalla Procura dello Stretto c'è una serie di reati ambientali che hanno prodotto, nel corso del tempo, pesanti danni e compromissione dell’ambiente. «Quello che dispiace è che debba essere la Procura a intervenire perché qualcuno non ha fatto il proprio dovere e qualcun altro non ha controllato. Molti di questi impianti sono già stati sequestrati in passato, c’erano state precise prescrizioni per la messa in regola ma non è stato fatto nulla» ha dichiarato invece, il procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni.


In quasi tutti gli impianti oggetto di sequestro sono stati riscontrati malfunzionamenti, compressori, misuratori di portata ed elettropompe mancanti o mai sostituiti, by-pass non autorizzati e innumerevoli sono stati i casi accertati di smaltimento illecito dei fanghi e dei residui – il cosiddetto “vaglio di grigliatura” – prodotti dagli impianti. Accertati infatti, dalla Capitaneria di porto, alcuni scarichi sversati anche in mare che hanno così pregiudicato la pulizia e la balneabilità delle stesse.