Giuseppe Tuccio (85 anni), già presidente di Sezione presso la Suprema Corte di Cassazione, da tempo in precarie condizioni di salute, a seguito di un’improvvisa complicazione polmonare, è deceduto nella giornata di oggi, al Policlinico “Madonna della Consolazione” di Reggio Calabria. L’alto magistrato, subito dopo il conseguimento della laurea in Giurisprudenza all’Università d Messina, ove fu allievo prediletto e collaboratore del professor Girolamo Bellavista, docente di Procedura Penale, esordì quale ufficiale dell’aeronautica, transitando nei ruoli della Polizia di Stato, dirigendo anche la Squadra Mobile della Questura di Caltanissetta, occupandosi delle indagini relative all’applicazione della misura del soggiorno obbligato a carico del boss universalmente riconosciuto Genco Russo. Approdato alla Magistratura, esercitò le funzioni inizialmente a Messina e Agrigento, quindi,  alla Pretura di Brancaleone e di Reggio Calabria, oltre che sostituto procuratore alla Procura reggina, presidente del collegio, composto anche dai dottori Francesco Scuderi e Filippo Gambino, pm Francesco Colicchia, che giudicò il famoso processo “De Stefano +59”, c.d. “dei sessanta”, superando le pur rigorose verifiche della Corte di Appello e dei Giudici di legittimità.

 

Dopo una breve parentesi presso la Sezione Civile, da Reggio si trasferì al Tribunale di Palmi, esercitando le funzioni di Procuratore Capo della Repubblica, per poi divenire Presidente della Sezione Penale presso la Corte di Appello di Catanzaro, completando la carriera con la presidenza di sezione della Cassazione Penale. «Costante è stato il suo impegno al servizio delle Istituzioni - si legge. in una nota diramata dall'avvocato Aurelio Chizzoniti - e fu estensore della celebre sentenza del processo “dei sessanta”, che, unitamente a quella precedentemente pronunciata presso il Tribunale di Locri da Guido Marino, per i fatti di Montalto, rappresentò la fonte genetica delle imponenti conquiste giuridiche conclamate con la legge n. 646/82 che introdusse il reato di cui all’art. 416-bis c.p. (associazione per delinquere di stampo mafioso). Trascorse tantissimi anni sotto scorta assieme alla propria famiglia 24 ore al giorno, per via dell’innegabile impegno profuso sul versante del perseguimento dei più agguerriti clan mafiosi di Reggio e provincia. Notevole anche il suo attaccamento alla città di Reggio che consacrò in una pubblicazione dal titolo “Reggio, Città Metropolitana dell’Area Metropolitana dello Stretto”, esaltandone il riconoscimento dello status politico-istituzionale di città metropolitana dell’Area dello Stretto. Non meno importante - conclude sempre la nota di Chizzoniti - anche l’altra opera dal titolo “La difficile antimafia oltre la legittima repressione”, concepita nel contesto di innovativi processi formativo-culturali e scandita da un eloquente monito “perché la zona grigia non divenga totalmente bianca”».

 

Proprio a carriera finita, negli ultimi anni, il nome di Tuccio venne fuori nell'inchiesta sfociata nel processo "Gotha", dove Tuccio è imputato per aver fatto parte di un'associazione segreta servente rispetto alla 'ndrangheta. Dalle intercettazioni emersero i suoi rapporti d'amicizia con l'avvocato Paolo Romeo, soggetto ritenuto al vertice della cupola massonico-mafiosa della città di Reggio Calabria. Secondo diversi collaboratori di giustizia, il giudice sarebbe stato molto vicino alla cosca Piromalli, che avrebbe favorito in alcune occasioni egli anni in cui era a Palmi. Accuse tutte confluite nel maxi processo ancora in corso a Reggio Calabria con rito ordinario. I funerali di Tuccio si svolgeranno lunedì 8 aprile 2019, alle ore 15:30, nel Santuario di Sant’Antonio a Reggio Calabria.