Ha sentito il bisogno di scrivere una lettera per manifestare riconoscenza e affetto a quella comunità che l’ha accolta come una figlia. Lei è Aynaz Haidari, ragazzina afghana che adesso vive in Germania ma che non ha dimenticato il passato trascorso come ospite nei progetti di accoglienza di Riace.

«Che bei giorni e momenti indimenticabili che abbiamo trascorso insieme – si legge nella missiva - Ringrazio tantissimo tutta la gente del villaggio. Erano buoni amici e ci hanno accolto a braccia aperte. Ogni volta che incontravamo qualcuno in quelle strade strette e tortuose, ci salutavano. I vecchi e i giovani erano molto gentili. Ringrazio tanto anche i nostri gentili insegnanti, veramente ci hanno messo tanto impegno con noi».

Nei pensieri di Aynaz un pensiero particolare anche per Mimmo Lucano. «Una persona piena di gentilezza e compassione – racconta - io e tutta la mia famiglia gli vogliamo molto bene. Perché ci ha aiutato in una situazione molto difficile della nostra vita e ci ha salvato dall'abisso della caduta, o meglio dalla morte. In un certo senso, gli dobbiamo la nostra vita. Se lui e i suoi amici non ci avessero sostenuto, sarei nella prigione talebana come milioni di donne e ragazze afghane. In quel caso, non avevamo né il diritto alla libertà, né il diritto all'istruzione, né il diritto di scegliere. Non potevamo nemmeno alzare la voce. Nessuno sentiva il nostro grido: lì ogni giorno le donne e le ragazze afghane stanno morendo silenziosamente».

Il racconto di Aynaz è un pugno nello stomaco: «Il gruppo talebano si è infiltrato nel tessuto della società come le termiti – spiega -. Stanno mangiando dall'interno e distruggeranno tutto. Grazie a Dio ci siamo salvati da questi selvaggi. Ho un debito verso tutti voi che ci avete restituito la libertà, il diritto all'istruzione e al lavoro. Mimmo Lucano con i suoi amici e amiche ci hanno fornito con sorriso e generosità tutto ciò di cui avevamo bisogno e che volevamo. E saremo per sempre in debito con lui».