L’arresto dei tre ragazzi appena maggiorenni è l’ultimo atto di un’inchiesta partita seguendo una pista di ’ndrangheta e che ha portato in tutto a 16 arresti tra cui 3 rampolli di un clan: «Organizzavano gli stupri via chat»
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Secondo i magistrati, i tre arrestati avrebbero palesato «una personalità del tutto sganciata dalle regole del vivere civile e totalmente orientata verso il soddisfacimento dei più biechi istinti sessuali». Sono parole che si riferiscono al dramma vissuto dalla ragazzina filmata e abusata per quasi due anni – da gennaio 2022 ai primi di novembre del 2023 – nella Piana di Gioia Tauro. In quei video raccolti dagli inquirenti è impresso l'orrore vissuto dalla minorenne: sono filmati nei quali si sentono frasi di scherno e dispregiative rivolte dagli indagati alla loro piccola vittima.
La storia terribile di questa ragazza si è chiusa con l’arresto di tre giovani appena maggiorenni sono stati arrestati dalla Polizia al termine di indagini coordinate dalla Procura dei minorenni di Reggio Calabria, essendo loro minori all'epoca dei fatti. I tre sono accusati di violenza sessuale di gruppo aggravata perché commessa in pregiudizio di una ragazza, anche lei, all'epoca dei fatti, minorenne.
Il branco di Seminara
L’accusa allarga il contesto a un’altra storia: quella del branco che, a Seminara, violentò, nello stesso arco temporale due ragazzine.
Non è un caso, infatti, se le violenze sono cessate a novembre 2023. Il 15 novembre di quell’anno, infatti, scattò l'operazione Masnada con l'arresto, da parte della Polizia, di tre rampolli di 'ndrangheta - mentre un quarto maggiorenne, figlio di un amministratore locale, si rese irreperibile - con l'accusa di violenza sessuale di gruppo ai danni di due minorenni, una delle quali fu costretta a subire le attenzione del branco in una occasione mentre l'altra numerose volte. Nel corso dell'operazione furono sequestrati computer, tablet e cellulari degli indagati, che si sono rivelati poi decisivi per gli sviluppi dell'inchiesta. Nel proseguo delle indagini, nell'ottobre scorso, altri arresti sono stati eseguiti a carico di soggetti dai 21 ai 32 anni. Nove sono state le ordinanze emesse su richiesta della Procura di Palmi, alcune delle quali nei confronti dei primi arrestati. Un risultato ottenuto anche grazie al ritrovamento dei video delle violenze. L'inchiesta, tra l'altro, non scaturì dalla denuncia delle vittime ma fu uno sviluppo di un'altra indagine.
La ‘ndrangheta sullo sfondo delle violenze del branco
La paura provocata, in un piccolo paese come Seminara, dal nome di alcuni dei loro aguzzini aveva fatto sì che le ragazze non avessero detto niente. Ed una volta che la vicenda era venuta alla luce con i primi arresti, alcuni parenti di una delle due cercarono di indurla al silenzio. «Le violenze del branco, a causa dei legami familiari degli indagati, hanno chiaramente le stimmate della criminalità organizzata», disse il procuratore di Palmi dell'epoca Emanuele Crescenti. E di fronte a certi nomi e certe parentele, per una ragazzina non è facile trovare il coraggio della denuncia.
La rete di aguzzini e le violenze organizzate in chat
Adesso, a distanza di due mesi dagli ultimi arresti, il nuovo sviluppo. Grazie ancora una volta ai video delle violenze ritrovati nei cellulari di alcuni degli indagati, gli investigatori del Commissariato di Palmi coordinati dalla Procura per i minorenni di Reggio Calabria guidata da Roberto Di Palma sono risaliti ai tre ragazzini arrestati stamani. Per loro non si parla di parentele 'ndranghetiste ma anche loro avrebbero fatto parte di quel gruppo. Tanto che, secondo l'accusa, avrebbero fatto ricorso al metodo del reclutamento di alcuni degli altri violentatori. Dalle indagini compiute e portate avanti anche con intercettazioni telefoniche ed ambientali, per gli investigatori della Polizia e la Procura dei Minori, è quindi emersa la la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dei tre indagati che hanno portato il gip, il 17 dicembre scorso, a disporre per loro la custodia nell'Istituto penale per i minorenni.
Si chiude (in attesa degli sviluppi giudiziari) l’ennesimo capitolo di questa storia partita più di un anno da un’indagine di ’ndrangheta nel corso della quale gli investigatori hanno seguito alcuni degli indagati mentre pianificavano gli stupri via chat: «Abbiamo sentito organizzare le violenze in diretta», ha commentato il procuratore di Palmi Emanuele Crescenti all’epoca. Da quel primo step sono arrivati 16 arresti. Da chat, video e foto sono via via saltati fuori i nomi di tutta la rete: da minorenni a uomini di 32 anni. La forza delle vittime ha permesso di ricostruire le violenze di questa storia d’orrore. E forse non è ancora finita.