La Corte d'Appello ha riconosciuto la responsabilità di Giuseppe Mancuso. Anche nel secondo giudizio il boss Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere incassa l’assoluzione. La vicenda avvenne il 26 maggio del 2008
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La Corte d’Appello di Catanzaro (presidente De Franco, a latere i giudici Pezzo e Luzza) ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal gup distrettuale Perri che nell’ottobre del 2015 aveva assolto Pantaleone Mancuso, alias l’Ingegnere, 61 anni, ed il figlio Giuseppe Mancuso, 35 anni, accusati del duplice tentato omicidio, aggravato dalle modalità mafiose, ai danni di Romana Mancuso (zia di Pantaleone) e del figlio Giovanni Rizzo (primo cugino di Pantaleone).
La Corte ha riconosciuto la responsabilità di Giuseppe Mancuso, difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Francesco Capria, condannandolo a 8 anni di reclusione a fronte di una richiesta a 14 anni. Assolto invece anche in appello Pantaleone Mancuso, difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Valerio Spigarelli, per il quale la Procura aveva chiesto la condanna a 16 anni di reclusione. Romana Mancuso (sorella di Francesco, Antonio, Giovanni, Cosmo Michele, Luigi e Pantaleone “Vetrinetta”) e Giovanni Rizzo, il 26 maggio del 2008, in località “Gagliardo” (tra Nicotera e Limbadi), vennero gravemente feriti a colpi di pistola e di kalashnikov nell’ambito di quello che gli inquirenti ipotizzarono fosse un contrasto interno tra gli appartenenti alla “famiglia” Mancuso.
Nel processo d’appello il 17 settembre 2018 aveva deposto anche Andrea Mantella. Le indagini sul fatto di sangue erano state portate avanti e riaperte dalla Squadra Mobile di Catanzaro (l’allora pm della Dda Camillo Falvo aveva chiesto in primo grado 16 anni per Pantaleone Mancuso “l’Ingegnere” e 14 anni per Giuseppe Mancuso) sulla scorta dei racconti della sola testimone di giustizia Ewelina Pytlarz.
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