«Se le previsioni dovessero essere rispettate, per noi sarà possibile riaprire soltanto tra settembre 2020 e marzo 2021. Nel frattempo, come sopravviviamo?».

È la domanda che si pone un giostraio calabrese, Alessandro Molinaro, titolare di due aziende che rientrano nel settore degli “spettacoli viaggianti”, lo stesso in cui rientrano i circhi. Il lockdown ha cancellato tutte le sagre e le feste di paese, che rappresentano gli appuntamenti lavorativi più importanti per questi esercenti.

 

«Purtroppo – sottolinea - per la prima volta le giostre italiane si sono dovute fermare a causa dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus, e di conseguenza c’è un’intera categoria che presumibilmente potrà ripartire soltanto con la Fase 3. Già i danni economici che stiamo subendo sono immensi, in quanto tutta la nostra categoria aspetta l’arrivo del periodo Pasquale per poter riaprire. Nelle scorse settimane avremmo dovuto installare il nostro Luna Park a Tropea, nei parcheggi dell’Isola per circa un mese, come avviene da 17 anni. Non averlo potuto fare a causa dell’emergenza sanitaria è stato un colpo durissimo per la nostra attività».

 

Difficile immaginare la ripartenza nella Fase 2: «A differenza dei grandi parchi di divertimento, che sono circoscritti e accessibili solo dagli ingressi principali, noi non possiamo contingentare le persone che frequentano le nostre attrazioni, installate in aree pubbliche. Né riusciremmo a coprire i costi di gestione se pure ci provassimo».

 

Una situazione, insomma, di grandissima difficoltà imprenditoriale. Da qui l’appello al governo nazionale e regionale, affinché ascoltino anche la voce dei giostrai.

Una soluzione potrebbe essere l’accesso meno stringente al Fondo unico nazionale per lo spettacolo (Fus). «A noi – spiega Molinaro - viene riconosciuto un aiuto soltanto in caso di acquisto di una nuova attrazione, a differenza di quanto avviene per circhi e compagnie teatrali itineranti che possono accedere al fondo anche per il sostentamento delle relative ditte e associazioni. Esiste anche un Fondo unico regionale per lo spettacolo (Furs), ma ha le medesime modalità di accesso. La nostra richiesta, quindi, è consentirci di accedere agli aiuti senza la condizione di dover acquistare una nuova attrazione».

 

Poi, la chiosa finale: «Non vogliamo soldi in regalo, ma, se non possiamo lavorare, ottenere un sostegno economico è l’unico modo per far sopravvivere le nostre aziende, che fanno parte della storia e della tradizione italiana, soprattutto al Sud».