Il 30enne in Italia da dieci anni è ospite dell'Ostello della Carità da diversi mesi: «I talebani ce l'hanno con noi, a loro non piace la nostra gente e la uccidono. Non lasciateci soli»
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«Per favore, aiutateci. Non lasciateci così da soli». È un disperato grido di dolore quello che Abdul, 30 anni, di etnia hazara di fede sciita, per questo perseguitata dai talebani, ed il cui sterminio è ritenuto un vero e proprio genocidio, affida alle pagine facebook ed instagram della Caritas della Diocesi di Lamezia Terme. Da dieci anni in Italia, in queste ore i suoi pensieri corrono al suo Afghanistan, «dove la situazione non va bene» e alla sua famiglia. Lì ci sono ancora la madre e quattro sorelle: «Per la mia famiglia - dice in un italiano un po' stentato ed anche provato da una forte emozione - c'è pericolo, come c'è pericolo anche per tutte le persone che abitano lì. Ho quattro sorelle che vivono con mia madre ed a loro non piacciono le donne. Noi siamo hazara ed i talebani ce l'hanno con noi. A loro non piace la nostra gente - aggiunge - e la uccidono. Non lascateci soli».
«Abbiamo accolto Abdul lo scorso inverno all'Ostello della Carità - raccontano gli operatori della Caritas della Diocesi di Lamezia Terme, guidata da don Fabio Stanizzo - e grazie al Progetto Apri è stato possibile iniziare un percorso di integrazione. Il sogno di Abdul è sempre stato quello di poter trovare un lavoro dignitoso che gli consentisse di aiutare la sua famiglia, ma ora con l'arrivo dei talebani la situazione della sua famiglia è ad alto rischio. La sua e la nostra preoccupazione che presto tutta la famiglia possa trovare rifugio fuori dall'Afghanistan attraverso canali sicuri».