L’ultima volta che si è parlato di lui è stato a maggio del 2022, in occasione della sua candidatura alle elezioni comunali di Catanzaro nella lista del Pd. «Una candidatura di servizio» l’aveva definita Giancarlo Devona, ostentando spirito olimpico e di partecipazione. Un anno dopo, l’idea che i magistrati della Dda si sono fatti di lui è decisamente più oscura: non solo seconda gamba del comitato d’affari che spadroneggiava a Crotone e provincia, ma anche cerniera di collegamento fra la politica e il crimine organizzato. Non a caso, sull’ex assessore ai Lavori pubblici della città pitagorica, poi segretario particolare del governatore Mario Oliverio, pendono oggi le accuse di associazione a delinquere con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e addirittura quella di concorso esterno alla cosca di ’ndrangheta di Papanice. Solo la prima contestazione, depurata dall’aggravante mafiosa, lo costringe oggi agli arresti domiciliari, mentre per la seconda il gip ha ritenuto non vi fossero gravi indizi, ma solo sospetti. 

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A tal proposito, la Dda di Catanzaro valorizza una serie di elementi quali i rapporti con imprenditori come Giuseppe Clarà e i fratelli Vrenna, ma anche la sua parentela con i Devona omonimi, indicati come esponenti del clan Megna. Nelle intercettazioni, lui stesso sembra alludere all’importanza di questi legami «che gli consentivano un'adeguata protezione sul territorio», ma non emergono prove su favori o agevolazioni operate nei confronti di una cosca e neanche di un singolo associato. «Devona conosce bene le dinamiche e le vicissitudini della criminalità organizzata papaniciara», sottolinea il giudice, ma al di là dell’aspetto pubblicistico non si rileva alcun reato.  

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 Una delle captazioni fa riferimento alla vicenda Europaradiso, il mega villaggio turistico che avrebbe dovuto sorgere a Crotone nel 2005. Si parla dell'interesse che alcuni soggetti avevano a riprendere quel discorso interrotto anni prima. Si fa accenno all'interesse dei Grande Aracri, ma i termini con cui è affrontato l’argomento «non sono chiarissimi». 

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Più interessanti sono ritenuti i colloqui con l’allora presidente Mario Oliverio, nel corso dei quali Devona fa ancora riferimenti ai suoi parenti di Papanice, commenta gli effetti dell’inchiesta antimafia “Six Towns”, parla «delle aderenze» sue e degli Sculco con il clan Marrazzo, ma anche in questo caso «a fronte di un accertato rapporto di contiguità, risulta carente la prova di una stabile messa a disposizione del politico e, di riflesso, di un rafforzamento della cosca per effetto di questo contributo».  Insomma, i comportamenti dell’ex segretario di Oliverio non sono ritenuti «indicativi di una concreta volontà di concorrere, dall'esterno, alla sopravvivenza e al rafforzamento del sodalizio mafioso».

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Discorso analogo per l’ipotesi di associazione a delinquere. Secondo il gip distrettuale, Devona contribuisce a condizionare le nomine (l’assunzione di 95 esperti legali alla Regione), prova a mettere voce negli appalti (i lavori per il termovalorizzatore di Gioia Tauro) e più in generale, orienta le risorse pubbliche regionale (i finanziamenti assegnati nel 2018 ai Comuni catanzaresi), ma tutto questo non dimostra che avesse «asservito la sua funzione» alla criminalità organizzata, lo avrebbe fatto “solo” per «il centro politico-affaristico di cui era punto di riferimento».