VIDEO | Marco Scicchitano avrebbe dirottato altrove i “suoi” pazienti del reparto di Oculistica. Il gip nell'ordinanza che decide la sospensione del medico parla di una «non comune propensione a delinquere». Coinvolti anche un avvocato e un ex colonnello dei carabinieri che lo avrebbero aiutato a nascondere le attrezzature
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Attrezzature sottratte all'ex azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio di Catanzaro ed impiegate nello studio privato di Marco Scicchitano, primario facente funzioni del reparto di Oculistica, il quale avrebbe dirottato i pazienti dal servizio pubblico «prospettando liste d'attesa molto lunghe ove l'intervento fosse avvenuto in regime ospedaliero».
Interventi chirurgici a 700 euro in nero
Si sarebbe poi fatto consegnare 700 euro in contanti dai pazienti per ogni intervento chirurgico «senza rilasciare alcuna documentazione fiscale o in alternativa richiedeva un importo maggiore ove vi fosse stata richiesta di rilascio di documento fiscale». Associazione a delinquere allo scopo di commettere più reati di peculato e truffa ai danni dello Stato è l'accusa che la Procura di Catanzaro contesta al medico in forza al presidio ospedaliero, a Riccardo Sperlì e Anna Procopio, infermieri del reparto di Oculistica, tutti colpiti da una interdizione dai pubblici uffici per un anno.
Le lentine trafugate da Maurizio Gigliotti
Divieto di esercitare l'attività imprenditoriale per un anno è stato, invece, applicato a Maurizio Gigliotti, amministratore dell'azienda Emmegi Hospital con sede a Cosenza che avrebbe fornito le lenti intraoculari da utilizzare durante gli interventi chirurgici. Secondo quanto emerge dall'inchiesta condotta dal nucleo economico finanziario della Guardia di Finanza e dal nucleo antisofisticazioni dei carabinieri, ai pazienti avrebbero poi richiesto ulteriori 200 euro per l'acquisto della lente intraoculare da impiantare «e ciò avveniva sia quando la lente veniva procurata direttamente dall'azienda Emmegi sia quando essa era stata sottratta dal materiale dal materiale in dotazione all'ospedale».
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Intramoenia allargata
Il pagamento sarebbe avvenuto tramite bonifico direttamente alla ditta Emmegi, la società avrebbe «emesso fattura che tuttavia recava nella descrizione altro oggetto, laddove la lente era di proprietà dell'azienda ospedaliera». Il medico infine avrebbe omesso di versare alle casse dell'azienda ospedaliera i compensi frutto dallo svolgimento dell'attività professionale intramoenia mentre i due infermieri - Sperlì e Procopio - avrebbero percepito un'indennità di esclusività «con frode» dall'ospedale svolgendo contemporaneamente attività in forma privata.
Camici, aghi e siringhe portate via dal Pugliese
Tra il materiale sottratto all'azienda ospedaliera si annoverano due cryotreq per un costo di 851 euro, camici, aghi, siringhe, provette, medicinali, bisturi del valore di 5.804 euro, lentine da impiantare, tutto materiale che sarebbe finito nello studio privato del medico. Indagati con l'accusa di favoreggiamento Ugo Vescio, ex colonnello medico dei carabinieri, a lui si sarebbe rivolto il primario del Pugliese per avere informazioni sull'evoluzione delle indagini.
Il consiglio di nascondere apparecchi e prodotti medici
L'ex militare lo avrebbe consigliato «di occultare tutti gli apparecchi e i prodotti medici» spostandoli in un altro luogo e si sarebbe poi reso disponibile a fornire ulteriori dettagli sull'indagine. L'avvocato Antonio Torchia lo avrebbe, infine, aiutato fattivamente in fase di spostamento delle attrezzature mentre Melania Musso avrebbe fornito un falso documento «recante l'intestazione dell'azienda ospedaliera» trasmesso al reparto Nas «per giustificare il prelievo» delle attrezzature dall'ospedale «ed evitare la loro incriminazione di peculato».
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La distruzione delle prove
«Tutti gli indagati avrebbero dimostrato particolare dimestichezza nella distruzione delle prove che avrebbero potuto inchiodarli alle loro responsabilità penali» scrive il gip nell'ordinanza applicativa delle misure interdittive. «Hanno nascosto i prodotti medicali di cui si sono appropriati, hanno formato false fatture, hanno confezionato documentazione falsificata».
«È evidente che mantenendo inalterato questo stato di fatto ed in assenza di un provvedimento giudiziale che blocchi il loro comportamento esiste un concreto pericolo che azioni similari si ripetano e vadano dispersi importanti elementi di prova a loro carico».
«La molteplicità dei fatti criminosi commessi da tutti gli indagati - continua il giudice - in un ristretto lasso di tempo è poi indice di una non comune propensione a delinquere mentre la circostanza che i medicinali ed i presidi sanitari siano destinati ai malati del territorio evidenziano una assoluta mancanza di rispetto non solo delle norme giuridiche ma anche dei più elementari principi morali».