VIDEO | Denys Molchanov si è impiccato in cella dopo la morte della sua compagna Yulia Astafieva. Il suo legale ora chiede che l'intero caso venga riaperto alla luce della sconfessione dell'ipotesi avanzata dalla procura sul decesso della convivente
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Si è suicidato in carcere Denys Molchanov, l’ucraino indiziato nell’indagine sulla morte della convivente connazionale Yulia Astafieva, avvenuta a Rosarno nel marzo scorso. Lo riferisce il legale del 35enne, Paolo Villelli, secondo il quale il gesto estremo, avvenuto nel carcere di Rebibbia nel giugno scorso, sarebbe il frutto di una depressione dovuta alla professione di innocenza che l’uomo ha sempre ribadito sin dal suo arresto eseguito dai carabinieri. L’avvocato ha inoltre aggiunto che il ragazzo era stato trasferito in isolamento nel carcere romano, perché si doveva sottoporre a delle cure nell’ospedale Spallanzani della Capitale.
Villelli ha riferito inoltre che proprio una settimana fa è stata trasmessa al Tribunale la perizia autoptica eseguita sul corpo della ragazza, che assieme al fidanzato faceva abuso di alcol, circostanza confermata durante l’autopsia. «Il risultato a cui arriva il medico legale – commenta l’avvocato – sembra confermare la versione che il mio assistito ha sempre dato, con la stessa precisione, sui fatti di quella notte ovvero l’autopsia ribalta l’ipotesi che la ragazza sia morta per strangolamento o soffocamento, ritenendo invece che ad ucciderla sia stata una impiccagione». Secondo Villelli questo risultato riabilita Molchanov che ha sempre sostenuto di aver dovuto forzare la porta della stanza, chiusa dall’interno, accorgendosi che era stata usata una tenda legata allo stipite dell’infisso per porre fine alla vita della compagna, che lui aveva provato a rianimare ponendola sul letto e praticando la respirazione bocca a bocca, fuggendo dopo averne constatato il decesso «per paura».
La ricostruzione dell’arrestato non aveva convinto né gli investigatori, né la procura di Palmi, ma ciò che oggi colpisce è la circostanza di una modalità analoga nelle due morti: peso della colpa o denuncia di una ingiustizia ? «Più volte – aggiunge Villelli – il ragazzo aveva detto di volerla fare finita perché non riusciva a spiegarsi la carcerazione, io stesso, e la madre che vive e lavora a Rosarno da anni, eravamo e siamo convinti della sua innocenza».
Nella vicenda ci sarebbero particolari ancora non chiariti, secondo l’avvocato, «come ad esempio quelli legati ad una terza persona che era presente quella notte, sul cui interrogatorio, se c’è stato, non sappiamo nulla». Secondo l’avvocato la richiesta che ora la famiglia di Molchlanov fa, è di avere giustizia. «Questo caso non può essere chiuso con il fatto che l’indiziato è morto – conclude Villella – occorre riaprire le indagini, fermatesi all’epoca alla soluzione più a portata di mano, trattandosi anche di un sospetto femminicidio a ridosso dell’8 marzo, in modo da fare completa giustizia sulle due tragedie che si sono verificate».