«Mi hanno contattato dalla segreteria del Consiglio superiore della magistratura, qualche ora dopo la pubblicazione dei vostri servizi».

Per dirle cosa?
«Che sarò audito. Presto».

Antonio Erminio Di Matteo presiede il Tribunale di Vibo Valentia dall’ottobre del 2019. Da allora non ha mai calcato le scene: ufficio e lavoro, lavoro e ufficio. Un vero servitore dello Stato. Ma ora gli tocca l’onere della ribalta, perché l’opinione pubblica vuole capire cosa accadrà con i grandi processi in corso. E se ci sono rischi. Al telefono risponde subito e non si sottrae al confronto.

Presidente, abbiamo intercettato il suo dossier.
«Ho letto che lo avete intercettato, ma non lo definirei un dossier. Nell’esercizio delle mie funzioni ho semplicemente chiesto al Csm di essere audito. E non è la prima volta che lo faccio».

Però ha corredato la richiesta di constatazioni e dati di fatto che fotografano un malessere.
«Sì, ed è per questo che ho scritto e avrei scritto ancora se la mia richiesta non fosse andata a buon fine. Lo avevo già fatto a ottobre del 2021 e a gennaio del 2022. Ora tutto sembra si stia incanalando lungo i binari giusti, e sono abbastanza fiducioso sulla capacità di ascolto e sull’aiuto che il Csm potrà fornire al Tribunale che presiedo. L’audizione è prevista per il 5 ottobre».   

Ecco, partiamo dalla richiesta di aiuto. Cosa c’è che non va?
«Beh, innanzitutto mi preme tranquillizzare l’opinione pubblica: in corso ci sono due maxi processi (Rinascita Scott e Petrolmafie) che hanno assorbito quasi tutte le nostre energie. Ma noi andremo avanti, nonostante le diverse circostanze che definirei sfortunate. Ogni processo può presentare le sue incognite. Nonostante tutto stiamo andando avanti, il Tribunale sta andando avanti e i colleghi stanno andando avanti con grandissimi sacrifici anche di carattere personale. Lo vedete tutti: le udienze dei maxi processi, a partire da Rinascita Scott, finiscono a sera tardi con grossi problemi organizzativi anche dal punto di vista della cancelleria, che non è stata rinforzata ma indebolita. Resta il nostro impegno massimo. E su questo non c’è alcun dubbio».

Però, nonostante l’impegno massimo, i problemi restano. E rischiano di aggravarsi. O è un azzardo interpretativo?
«No, non è un azzardo. Ci sono stati diversi eventi che hanno contribuito a rendere le cose più complicate, a partire dal tema delle astensioni e delle ricusazioni di Rinascita Scott. Il Tribunale ha metabolizzato con fatica la ricusazione del presidente di sezione che avrebbe dovuto presiedere il processo (Tiziana Macrì, ndr). Questa vicenda ha lasciato dei segni visibili, però alla fine siamo andati avanti. Poi si sono aggiunte altre circostanze: ad esempio il trasferimento di magistrati senza che venissero adottati i necessari accorgimenti. E mi riferisco al posticipato possesso. Il nostro era un caso particolare e le nostre esigenze di posticipato possesso sono state assicurate in modo molto trascurabile. Diciamo che non sono stati adottati provvedimenti eccezionali».

Quindi sta dicendo che non c’è stata sensibilità verso le istanze di un Tribunale chiamato a mettere in moto una imponente macchina organizzativa per affrontare i due più importanti processi in corso nel Paese?
«No, non sto dicendo e non voglio dire questo. Il Csm inizialmente ci è stato molto vicino con due applicazioni extradistrettuali. Una è in corso e un’altra, riguardante una collega di Roma, non è stata prorogata per mancanza della disponibilità da parte della stessa collega».

L’applicazione di cui parla è quella del dottore Gianfranco Grillone, per il quale lei stesso ha chiesto una ulteriore proroga.
«Sì, lui. E le comunico che dalla interlocuzione appena avuta con la segreteria del Csm, mi è parso di capire che la richiesta di proroga sia passata in Commissione. Adesso tocca al Plenum del Csm».

Quindi qualcosa si è mosso?
«Sì, qualcosa si è mosso».

E allora va bene così?
«È un segnale, ma non la soluzione dei problemi che non sono soltanto quelli di cui stiamo parlando».

Quali altri, allora?
«Le ricusazioni, ad esempio, che faccio rientrare nel novero delle circostanze da definire sfortunate. Prendiamo una delle ultime: la Cassazione ha annullato con rinvio una decisione della Corte d’appello che aveva dichiarato inammissibile la ricusazione di due magistrati su tre del collegio Rinascita. Una decisione intervenuta in pieno agosto del 2022. Però le segnalo che il problema era stato sollevato a marzo del 2021».

Cioè quasi un anno e mezzo prima…
«Sì, esattamente. E secondo me queste sono cose da evitare. Noi ci preoccupiamo di chiedere interventi straordinari, ci appelliamo a tutte le autorità istituzionali per avere personale dal Ministero e poi ci facciamo male da soli. Attorno a processi di questa portata la magistratura dovrebbe fare sempre quadrato. Io ho il massimo rispetto di ogni sentenza. Però voglio aggiungere: esprimere un giudizio critico non è in contrasto con il rispetto che bisogna mantenere verso una sentenza. Io ho scritto ciò che penso in tema di astensione o ricusazione, perché sono stato chiamato a decidere. Quindi, posso dire in assoluta trasparenza che la decisione della Corte su questi temi è rispettabile ma rientra in quella sfera delle decisioni che, nel mondo giudiziario, toccano il campo dell’opinabile. Io ho una opinione diversa rispetto alle recenti scelte e ho messo per iscritto la mia opinione. Il giudice deve scegliere e a volte può decidere una cosa invece di un’altra, lo sappiamo. Il mondo giuridico è fatto anche di queste cose. Per me la decisione adottata sulla ricusazione è una scelta opinabile, ma è di sicuro inaccettabile che arrivi a distanza di un anno e mezzo dalla sollevazione del problema, soprattutto se si considera che le questioni in discussione riguardano la composizione di un Collegio impegnato in un procedimento con oltre 350 imputati».

Quindi lei avrebbe agito in maniera diversa.
«Ognuno si assume le sue responsabilità. Io mi assumo le mie. Secondo me si tratta di decisioni che potevano essere assunte prima e in modo diverso, sì. Però mi adeguo e mi preoccupo di organizzare e programmare le attività del Tribunale nella piena intenzione, ferma intenzione, di tutti i colleghi di portare avanti il processo e definirlo attraverso una decisione giusta. Su questo non abbiamo e non ho alcun dubbio».

È girato tutto storto, insomma?
«Non si tratta di questo. In ogni processo possono presentarsi, le ribadisco, delle avversità. La questione era sorta a marzo 2021 e la scelta è arrivata un anno e mezzo dopo e per giunta neanche in via definitiva. Mi risulta che sulla vicenda Accorinti, ad esempio, sia in corso l’impugnazione da parte della Procura generale e non so se la stessa cosa accadrà per l’altra posizione di Mancuso. Io ho scritto il contrario di quanto sostenuto da Cassazione e Corte d’Appello. E anche la Prima sezione della Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile la ricusazione, così come avevo inteso fare io. Ecco perché credo che il merito sia opinabile e si possa anche discutere. Sostenere che un “riferimento incidentale” determini incompatibilità del giudice ritengo rappresenti una decisione estrema. Significa dire che in contesto come quello di Vibo Valentia diversi processi non si possano celebrare… Io ho scritto che l’astensione e la ricusazione sono deroghe al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge. Cose, cioè, da maneggiare con cura e interpretare con massimo rigore. Non sono soddisfatto di come ha deciso la Cassazione, ma sono rispettoso e cerco di andare avanti. E infatti abbiamo fatto subito lo stralcio per formare il nuovo collegio».

E ora cosa si aspetta dall’audizione al Csm?
«Mi aspetto che ci sia piena disponibilità ad ascoltarmi, innanzitutto. Io ho proposte da avanzare, tra cui la pubblicazione di qualche bando per l’applicazione extraterritoriale. Ma sono pronto anche a recepire suggerimenti».

Ha scritto anche al ministro Cartabia, visto che i problemi sollevati riguardano pure le cancellerie…
«Sì, abbiamo carenze dovute proprio al processo Rinascita Scott: pochi addetti e quasi tutti impegnati per il “maxi”. C’è solo un direttore di cancelleria su quattro previsti in pianta organica. La cancelleria penale deve occuparsi quasi tutti i giorni di Rinascita Scott, con orari non facilmente programmabili. Il ministero non ci ha trattato meglio di altri Tribunali, in tema di concorsi e scorrimenti, sebbene andassimo incontro al più esteso procedimento antimafia in corso in Italia. Diciamo che per Vibo Valentia non c’è stata un’attenzione in più».

Il vertice del ministero è il prodotto della politica, però, presidente. La politica si è mai interessata ai problemi della giustizia in questo circondario?
«Non ho intenzione e interesse a entrare in un campo che non è il mio. Io posso solo dire che in sede parlamentare si può fare molto. Quando è arrivata in Prefettura a Vibo la Commissione parlamentare antimafia ho parlato parecchio. Ed è tutto agli atti. Avevo evidenziato che, per il territorio, questa precisa fase storica avrebbe potuto rappresentare una opportunità: secondo me bisognava prodigarsi per creare una sede giudiziaria adeguata a gestire questo tipo di fenomeni. E c’era il tempo per gli interventi necessari: “o ci strutturiamo o rischiamo di essere travolti”, avevo spiegato. Ecco, per raggiungere certi obiettivi servono sinergie e la politica, con le sue proposte di legge e i suoi decreti, un ruolo importante potrebbe averlo».

Così come è avvenuto in passato?
«Certo, seppure con i dovuti distinguo. Ricordo il maxi processo di Palermo: c’era il vecchio rito ed erano altri tempi, ma quando si palesò il rischio che gli imputati potessero uscire intervenne un decreto legge per risolvere il problema. Oggi una cosa del genere non sarebbe immaginabile, io stesso non la chiederei. Era davvero un altro mondo. La Commissione parlamentare antimafia è espressione del potere legislativo e noi avevamo rappresentato delle difficoltà ipotizzando le soluzioni, a partire dalla riorganizzazione di un paio di sezioni mentre oggi ne abbiamo soltanto una di tipo promiscuo, per i processi penali e civili».

Un’altra occasione sprecata, sta dicendo?
«Un’altra non saprei; di sicuro un’opportunità che doveva essere colta per creare una struttura giudiziaria capace di rappresentare un vero avamposto rispetto agli importanti fenomeni processuali di cui abbiamo parlato».

LEGGI ANCHE: Sul “caso Vibo” si gioca la credibilità del sistema giustizia