I nuovi dubbi

Il Ponte è troppo basso per le navi portacontainer più grandi: «Il porto di Gioia Tauro rischia di perdere 2,5 miliardi all’anno»

Le riserve di ambientalisti e tecnici sul progetto: «Per come è adesso ci sono imbarcazioni (anche da crociera) che non potrebbero passare». I Comitati per il No all’opera ipotizzano conseguenze disastrose per lo scalo calabrese

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di Pablo Petrasso
3 maggio 2024
13:23

Il danno più grave il Ponte sullo Stretto potrebbe farlo al porto di Gioia Tauro. La stima contenuta nelle osservazioni inviate dagli ambientalisti sul progetto definitivo è mostruosa. I comitati si soffermano sull’impatto dell’opera sul trasporto marittimo. Motivo di preoccupazione: la sua altezza che non consentirebbe il transito a molte navi (sia da crociera che portacointainer) già in esercizio. «La prospettiva di costruire il Ponte sullo Stretto di Messina – si legge nel documento – solleva preoccupazioni significative per il porto di Gioia Tauro atteso che tra l'11% e il 17% (a pieno carico o in zavorra) delle portacontainers attualmente circolanti non potrebbe sottopassare il ponte, il cui franco navigabile di 65 metri costituirebbe barriera non valicabile». E dato che si tende «al gigantismo navale, questa perdita di raggiungibilità dell’approdo di Gioia Tauro (attualmente il più importante porto di transhipment del Mediterraneo) riguarderà percentuali crescenti dei mezzi, con indiscutibile perdita di attrattività, competitività e volume di merce movimentata».

Da qui al calcolo delle perdite il passo è breve: «Ipotizzando un valore di un container di circa 5mila euro, la riduzione del 17% annuo porta a stimare un danno annuo di 2,5 miliardi di euro per il porto di Gioia Tauro». Non solo: «In presenza di una simile barriera alla navigazione le compagnie di transhipment potrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di utilizzare tout court porti alternativi all’interno del Mediterraneo, portando in questo caso al fallimento e alla chiusura di Gioia Tauro». Prospettiva catastrofica: nello scalo calabrese fanno gli scongiuri. 


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Gli ambientalisti parlano di «identico “effetto muro” riguarderà il transito delle navi da crociera, con evidente danno ai porti di Messina, Reggio Calabria e (meno centralmente) Catania, che hanno negli ultimi decenni investito in maniera importante sullo sviluppo di questo segmento di mercato».

«Il tema della coesistenza tra il Ponte sullo Stretto e il traffico marittimo appare cruciale, per diversi motivi». Il (nuovo) filone di dubbi sulla mega opera è stato ripreso dal professore Francesco Munari, ordinario di diritto dell'Unione Europea all'università di Genova. Il suo commento pubblicato dal Sole 24 Ore analizza i dati tecnici del progetto da un punto di vista finora passato sotto traccia rispetto all’attenzione mediatica: «La costruzione del Ponte – spiega Munari - certamente implicherà ulteriori misure restrittive della navigazione (si parla, ad esempio, di senso unico alternato), che dovranno essere preventivamente concordate a livello internazionale, a norma della Convenzione Onu sul diritto del mare. In ogni caso, bene sarebbe valutare appieno le conseguenze di tali nuove misure anche sulle scelte di opportunità per una nave nel percorrere lo Stretto».

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Il traffico da regolare è soltanto uno degli aspetti: l’altro riguarda la compatibilità del progetto con gli aspetti ingegneristici di molte navi già in esercizio. Dimensioni e capacità di carico aumentano. Invece il progetto, «già oggi, impedirà a non poche navi la navigazione lungo lo Stretto. A questo proposito, non parrebbe persuasivo impostare come limite dell’air draught quello di 65 metri (sopra quel limite di altezza le navi sarebbero fisicamente impossibilitate a transitare sotto il Ponte), mentre da 50 a 65 metri il passaggio sarebbe consentito lungo una corsia centrale, che si stima essere larga circa 600 metri: incidenti gravi, come quello recentissimo della “Dali” a Baltimora, impongono di considerare il rischio che, in caso di avaria, navi più alte di 50 metri possano comunque deviare la propria rotta e colpire il Ponte».

Anche dal presidente di Federlogistica Luigi Merlo arrivano considerazioni simil: tra navi da crociera e container «ce ne sono di alte più di 68 metri: per come è progettato adesso, non ci passano», dice in un’intervista all’edizione palermitana di Repubblica. Il tecnico non è contrario all’opera, «ma se si fa, è necessario tenere conto di tutte le variabili», aggiunge. Che riguardano anche la manovrabilità: i 65 metri di massima altezza — sempre che ci si arrivi — l’opera li raggiungerebbe solo nella parte più alta. Perché verso le due sponde il cosiddetto “franco navigabile” si riduce.

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Da parte sua, il docente dell’Università Mediterranea Domenico Gattuso fa notare che sulle reali misure dell’opera il progetto non è chiaro e le conseguenze sul traffico dei container potrebbero essere importanti. «Il Ponte dovrebbe essere di 65 metri, ma da progetto pare si faccia riferimento al piano viario. Sotto c’è da considerare la struttura dell’impalcato, che dovrebbe essere di circa una decina di metri, dunque il “franco” si abbassa a 55 metri». Con conseguenze pesanti per il traffico container. Ministero e Webuild, al solito, ritengono che i problemi siano risolvibili e che il progetto possa essere ottimizzato anche durante la fase di realizzazione. Ma i “buchi” nella documentazione sono tanti e i dossier da gestire aumentano.

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