VIDEO | Sono solo una parte delle sanzioni pagate dallo Stato a seguito della condanna comunitaria. Avviato il procedimento di recupero delle somme, intanto gli agglomerati sottoposti ad infrazione continuano a sforare gli standard perché gli interventi non sono ancora completati
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A rischio non è soltanto l’immagine della Calabria con i bei litorali ogni estate deturpati da avvistamenti di chiazze in mare che mettono in fuga bagnanti e turisti. Ma soprattutto la tenuta contabile degli enti locali che, insieme alla Regione, saranno chiamati a rimborsare lo Stato italiano per le somme sinora pagate alla Comunità europea per le ripetute inadempienze sul trattamento e smaltimento delle acque reflue urbane.
La bomba economica
Un primo assaggio della bomba, non solo ecologica ma anche economica, che investirà le casse dei comuni calabresi è già stato lanciato dal Mef sotto forma di comunicazione protocollata a 49 amministrazioni locali oltre che alla Regione per informare dell’avvio di una apposita istruttoria per il recupero delle somme pagate – a titolo di anticipazione - a seguito della condanna rimediata dall’Italia per le infrazioni commesse dai comuni calabresi.
Il recupero delle somme
Tre le procedure aperte per lo scorretto smaltimento delle acque reflue, quella risalente al 2004 è nel frattempo divenuta sentenza esecutiva della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con tanto di procedimento avviato dal Mef per interrompere i termini di prescrizione dell’azione di rivalsa nei confronti dei comuni calabresi. Il ministero lo ha fatto sapere attraverso la nota, procederà al recupero delle somme, finora anticipate, con un iter che dovrà anche definire le quote di responsabilità da distribuire tra il Governo, la Regione e i Comuni inadempienti.
Sanzioni milionarie
Le somme anticipate ammontano a 142 milioni di euro (142.867.997, per l’esattezza) ma si tratta, appunto, solo di una parte delle sanzioni fino ad oggi pagate dal Mef, obbligato a partire dal giugno del 2018 per conto della Regione Calabria, alla corresponsione degli importi in rate semestrali. Il valore quantizzato è quello del periodo intercorso fino a novembre 2020, ma nelle rate successive - fino a maggio 2023 – sono continuati gli sforamenti degli standard stabiliti dalla direttiva comunitaria da parte degli agglomerati sottoposti ad infrazione.
Carico non conforme
«Il carico generato non è conforme» si legge negli allegati al piano d’ambito varato nel maggio scorso che contiene i 335 interventi da realizzare sul fronte idrico e della depurazione, inclusi anche i progetti per l’adeguamento degli impianti bollinati come inadempienti dalla Comunità europea e per i quali il Governo sta pagando salatissime sanzioni. Quelli della procedura d’infrazione risalente al 2004, divenuta sentenza esecutiva e i cui interventi risultano ancora in corso, e le ulteriori due procedure aperte da Bruxelles: avviata nel 2014 con causa ancora pendente e la successiva avviata nel 2017 non ancora in causa.
Pesante eredità
A dover metter mano a questo quadro magmatico e gravido di ritardi, il commissario straordinario nominato dal Governo che ha ereditato tutti gli interventi sottoposti ad infrazione comunitaria, molti dei quali da anni con progettazioni e lavori ancora in corso o con interventi incagliati. È il caso, ad esempio, della realizzazione della rete fognaria del comune di Mesoraca che nella programmazione è inserita tra le priorità più alte e che si è meritata una postilla a parte.
Il caso Mesoraca
«Situazione Mesoraca» è l’intestazione, le conclusioni «non collaudabile». «A causa dei risultati non soddisfacenti delle indagini in situ sui manufatti in cemento armato realizzati nell’impianto di depurazione e la mancanza all’interno di essi di parte delle opere elettromeccaniche previste, la parte d’opera dei lavori relativi all’impianto di depurazione è risultata essere non collaudabile sia dal punto di vista statico che da quello tecnico funzionale» si legge nella relazione al piano d’ambito.
Opera non collaudabile
Che prosegue illustrando la scarsa funzionalità dell’opera: «L’assenza delle otto nuove stazioni di sollevamento delle opere elettromeccaniche previste, non ha consentito al collaudatore la prova delle condotte e ha reso non collaudabile la parte d’opera dei lavori relativi alla condotta in pressione dei reflui fognari dal punto di vista tecnico funzionale».
Ancora sanzioni
L'agglomerato è tra i primi ad essere finito nel mirino della comunità europea, oggetto della procedura d’infrazione avviata nel 2004, oggi giunta a sentenza esecutiva e che continua a generare sanzioni semestrali. «Questo intervento era gestito dal dipartimento Ambiente – si legge ancora nella relazione - e al momento della programmazione non vi erano informazioni sullo stato di attuazione, se non la mancanza di risorse finanziarie per completare l'opera».