Una scarica di colpi di fucile alle spalle, mentre rientrava dal lavoro in pieno giorno. E’ morto così a Lamezia Terme, a pochi passi da casa, il 3 luglio del 1975 il giudice Francesco Ferlaino. Magistrato di trincea, impegnato in prima linea in un contesto difficile, avvelenato in quegli anni dall’anonima sequestri, di lui si dice sia stato ‘punito’ per avere diretto un processo storico alla Corte di Assise di Catanzaro: quello contro novanta mafiosi.

 

Ma sono tante le ipotesi che circolarono negli anni per spiegare un delitto così efferato. Eppure, ad oggi, a 41 anni di distanza, nessuno ha mai pagato per la morte del magistrato a cui è intitolato il Palazzo di Giustizia di Catanzaro.

 

Pochi gli elementi raccolti dagli inquirenti. A partire da quell’auto, un’Alfa Romeo 2000, che si sarebbe fermata alle 13.30 circa su viale Stazione e da cui sarebbero partiti i due colpi di lupara che uccisero Ferlaino, all’epoca 61 anni.

 

Le indagini sull'omicidio vennero affidate alla Criminalpol. Vennero istituiti immediatamente posti di blocco per evitare che la famosa Alfa Romeo 2000 uscisse fuori Lamezia. L’auto verrà ritrovata il giorno dopo a Copanello e si scoprirà essere stata rubata ad un avvocato di Catanzaro.

 

Nelle ultime settimane il giudice aveva richiesto i fascicoli che riguardavano importanti sequestri, come quello dell’industriale Bertucci e importanti boss della zona e pare che negli ultimi tempi fosse stato oggetto di telefonate anonime con minacce.

 

A pochi mesi dall’omicidio iniziarono a circolare le prime ipotesi sul contesto dell’omicidio. Inizialmente, si diffuse solo la voce che il colpevole fosse un evaso.Si parlò del bandito Pino Scriva e di Antonio Scopelliti.

 

Scriva era evaso dal carcere di Civitavecchia e , si diceva, si fosse nascosto in Aspromonte. Le poche indicazioni raccolte sui tratti somatici del killer di Ferlaino sarebbero coincise con i lineamenti di Scriva. A spalleggiare questa pista erano soprattutto i carabinieri, che avrebbero raccolto dai compagni di cella le sue intenzioni di vendicarsi del magistrato. Mentre la polizia, batteva all’epoca la pista di Scopelliti, anche lui latitante ed evaso.

 

Un anno dopo veniva, invece, emanato un ordine di cattura nei confronti di Pino Scriva e del capo cosca Antonio Giacobbe che sarebbe stato il mandante dell’azione. Nel 1978 il quadro si ampliava. Venivano considerati esecutori sia Scriva che Scopelliti che nel frattempo era morto in carcere. Uno avrebbe sparato, mentre l’altro avrebbe guidato l’auto.

 

Nella sua sentenza di rinvio a giudizio il giudice individuava la causa del delitto nella lotta condotta da Ferlaino contro la ‘ndrangheta. In una perquisizione in casa di Giacobbe sarebbe stato trovato un foglio sul quale erano scritti nome e cognome di Francesco Ferlaino colpevole di avere chiesto l’adozione contro il boss di misure di prevenzione antimafia. Ma nel 1980 i due venivano assolti per insufficienza di prove e così in ogni grado di giudizio. Ad oggi quello del magistrato Ferlaino rimane uno dei tanti casi irrisolti della Calabria.

 

Tiziana Bagnato