Le intercettazioni di un’altra inchiesta chiariscono il quadro dello scontro a fuoco in cui ha perso la vita Caterina Ciurleo. I colpi erano diretti a un albanese che non voleva pagare una fornitura di droga
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«In macchina hanno sparato a una signora per sbaglio ed è morta». A pochi giorni dall’omicidio di Caterina Ciurleo, 81enne originaria della provincia di Reggio Calabria, la fidanzata di Stefan Adrian Ionita racconta a un’amica cos’è successo nelle due ore di far west chiuse con la morte dell’anziata alla periferia di Roma. Ionita, romeno di 24 anni, è stato arrestato due giorni fa con Mirko Guidoum Infante, considerato il killer della donna colpita alla schiena da un proiettile vagante mentre si trovava in auto con un’amica.
Ciurleo, che viveva da tempo nella Capitale assieme alla sua famiglia, sarebbe stata vittima dei contrasti tra due gruppi criminali per questioni di droga. Ionita e Infante avrebbero dato la caccia a un albanese che non voleva pagare una fornitura di droga: la Smart su cui viaggiavano le due donne si è trovata sulla linea di fuoco.
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A fare chiarezza sarebbero state alcune conversazioni intercettate in un altro procedimento penale, riportate oggi dal Messaggero, nelle quali vengono commentati i fatti del 23 maggio:« È successo che un albanese, un tossico, andava sempre là, sotto la piazza a fare casino hanno cominciato a litigare, già che l’albanese non ci sta con la testa, uno fumato, non c’ha niente da perdere, quello si è messo paura è montato in macchina con altri due o tre amici, non so quanti erano e tipo per tirargli una botta sulla macchina, hanno preso una vecchietta ed è morta».
Negli atti ci sono le dichiarazioni spontanee dello stesso Giudoum che spiega l’antefatto agli inquirenti. «L’indagato – si legge nell’ordinanza – ha riferito del diverbio con un ignoto tossicodipendente albanese nel pomeriggio in via Luthuli, giunto lì a bordo proprio di una Polo grigia. L’albanese avrebbe preteso droga senza pagarla. Al rifiuto opposto, l’albanese avrebbe tentato di investire Guidoum e il suo gruppo di amici, tant’è che lo stesso indagato avrebbe tolto la chiave dal quadro di accensione senza però arrestare la corsa della Polo».
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Per il gip si tratta di un fatto «di inaudita gravità dal momento che gli indagati non hanno esitato a sparare numerosi colpi d'arma da fuoco, in pieno giorno, a volto scoperto e sulla pubblica via per risolvere una bega con un tossicodipendente albanese. Si tratta di un'a-zione spropositata nella stessa ottica criminale che ha messo a concreto rischio l'incolumità di più persone e che in sé denota come pericolosi coloro che l'hanno realizzata».
Il magistrato parla anche di «una particolare propensione al delitto» da parte dei due ventenni anche rispetto a ciò che hanno fatto per nascondere il delitto: «La condotta successiva mantenuta, l'abbandono dell'auto, l'aver fatto scomparire l'arma (su quella rinvenuta e sequestrata sono in corso accertamenti), pure deve essere letta nel senso della capacità criminale degli indagati. (…) Il giudizio si fonda quindi sulle modalità del fatto oggettivamente gravissimo, al di là della morte di una persona del tutto estranea all'ambiente in cui è maturato il fatto, e sulla negativa personalità degli indagati ampiamente dimostrata a prescindere dalla loro giovane età».