Condannati per mafia scarcerati perchè il giudice non deposita le motivazioni

A un anno e mezzo dal verdetto il gip non ha ancora presentato le motivazioni per il processo “Costa pulita” sui clan della costa vibonese

di G. B.
25 gennaio 2020
18:40

Il giudice non deposita le motivazioni della sentenza di condanna di primo grado, a quasi un anno e mezzo di distanza dal verdetto, ed ecco arrivare le prime scarcerazioni per decorrenza del termine massimo di fase in assenza della celebrazione (e conseguente pronuncia) del giudizio di appello.

Succede a Catanzaro dove lo stesso gip distrettuale, Pietro Carè, da cui si attende il deposito delle motivazioni della sentenza in abbreviato per l’operazione antimafia “Costa Pulita”, in accoglimento di un’istanza dell’avvocato Diego Brancia ha disposto la cessazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Pasquale Prossomariti, 35 anni, di Santa Domenica di Ricadi, condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dalle modalità mafiose ai danni del legale rappresentante dell’hotel Rocca Nettuno di Tropea. Pasquale Prossomariti ha così potuto lasciare il carcere di Vicenza (da dove era detenuto da quasi quattro) anni per ritornare in totale libertà con il solo divieto di poter dimorare nella provincia di Vibo.

Stessa decisione per Leonardo Melluso, 55 anni, di Briatico, che ha lasciato il carcere di Terni – condannato in primo grado a 10 anni di reclusione e ritenuto a capo dell’omonimo clan federato con le “famiglie” Accorinti e Bonavita – e per Giancarlo Lo Iacono, 46 anni, di Zambrone, condannato a 8 anni di carcere (ha lasciato l’istituto penitenziario di Vibo). Anche per loro è stato disposto il divieto di dimora nella provincia di Vibo, ma entrambi sono ritornati in libertà, in accoglimento delle richieste dell’avvocato Giuseppe Bagnato.

Libero – anche per lui il solo divieto di dimora in provincia di Vibo e l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e il divieto di allontanarsi da casa dalle ore 23 alle ore 7 del mattino – pure Carmine Il Grande, 61 anni, ritenuto a capo dell’omonimo clan di Parghelia e condannato in primo grado a 10 anni di carcere. È difeso dagli avvocati Daniela Garisto e Luca Cianfaroni.

Dagli arresti domiciliari ritorna libero (con il solo obbligo di dimora) Salvatore Muzzopappa, 49 anni, di Nicotera. Difeso dall’avvocato Francesco Sabatino, in primo grado è stato condannato a 6 anni di reclusione.

La sentenza in abbreviato del processo “Costa Pulita” risale al 31 luglio 2018 ed a distanza di così tanto tempo il giudice non ha ancora depositato le motivazioni nei confronti dei 31 imputati, fra cui il boss Cosmo Michele Mancuso di Limbadi, Antonino Accorinti di Briatico, Antonio Accorinti (figlio di Antonino), l’ex presidente della Provincia di Vibo Andrea Niglia, l’ex sindaco di Briatico Francesco Prestia, l’ex consigliere comunale di Briatico Sergio Bagnato, diversi imprenditori ed altri volti noti alle cronache giudiziarie.

Il provvedimento del gip di accogliere le istanze dei difensori evita tecnicamente la scarcerazione per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare (scadono il 31 gennaio prossimo), ma l’effetto è identico: gli imputati condannati in primo grado lasciano il carcere in accoglimento delle istanze dei difensori ed un anno e mezzo di tempo non sono al momento bastati al giudice per depositare le motivazioni della sentenza di primo grado di uno dei principali processi per mafia celebrato nel distretto giudiziario di Catanzaro e che ha inferto un duro colpo ai clan del Vibonese.

Giornalista
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