VIDEO | Il 24enne di Acquaro, paese del Vibonese, per 46 giorni ha lottato contro il Covid: «È stata dura ma ce l'ho fatta. Tanti altri, purtroppo no»
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«Se mi domanda dove posso aver contratto il virus, non so rispondere. Forse a Napoli di rientro dall'Università. Sono sempre stato scrupoloso. Ho sempre indossato la mascherina e mantenuto le distanze».
Eppure Francesco, un giovane sano e forte, si è ammalato di Covid. Un nemico invisibile che ha tenuto ostaggio lui e la sua famiglia per 46 giorni. «Quando l'Asp mi ha comunicato di essere positivo al Sars-CoV-2, mi sono sentito sprofondare. Ho temuto per i miei affetti che sono risultati negativi. È stata dura, ma ce l'ho fatta».
Racconta la sua drammatica esperienza. I sintomi, la diagnosi e il temuto responso del tampone che dà esito positivo. La febbre che non passa, i dolori muscolari e la tosse che toglie il respiro. «Ma più della malattia, più dei dolori, è stata la solitudine a fare male. Mi sono sentito solo tutti i giorni, che sembravano interminabili».
Ha trascorso la quarantena nella sua casa di Acquaro, centro montano del vibonese. Ad assisterlo al di là di una porta è stata sua madre, Annalisa. «Avrei voluto abbracciarlo, prendermi cura di lui, ma non potevo». Ricorda la sera prima del ricovero «Francesco urlava per il mal di testa, ho dovuto lasciare davanti alla porta della sua stanza una bacinella con le pezze d'acqua ghiacciata per tentare di abbassare la febbre. Volevo entrare ma è stato Francesco a vietarmelo». L'indomani un'ambulanza era sotto casa per prelevare suo figlio. Annamaria ricorda bene quel giorno, le sirene, i medici, suo figlio che scende le scale in pigiama: «Quando si va in ospedale in queste condizioni non sai mai se lo rivedrai tuo figlio e io ho temuto di non rivederlo più. Ho temuto di non averlo potuto salutare come si vede. Anche se nel mio cuore sapevo che sarebbe tornato, sapevo di aver fatto tutto il possibile come mamma». Sospira. A stento trattiene le lacrime che oggi sono di gioia.
Perché suo figlio è guarito. Le cure dei medici dello Jazzolino hanno fatto sì che il 24enne, dopo un breve ricovero, rientrasse nella sua casa.
Francesco ci mostra la foto che lo ritrae nel letto dell'ospedale. «Questo scatto testimonia come "un virus ormai morto e che non colpisce i giovani" sia stato in grado di ridurre un ragazzo di 24 anni con una salute di ferro».
Lui la battaglia l'ha vinta «Molti però stanno ancora lottando contro questo nemico invisibile. E a mostrarmeli non è stata la televisione, ma i miei occhi nei letti accanto al mio in ospedale. E tra loro, purtroppo, qualcuno non ce l'ha fatta».
Non tutti hanno potuto dire: «Sono guarito». Ricorda il giorno in cui ha ricevuto la mail dell' Asp. Una data che Francesco ha appuntato sul diario. «Abbiamo festeggiato. Ho riabbracciato mamma e papà dopo 46 giorni».
La famiglia ha tirato un sospiro di sollievo. Sua madre ha pianto di gioia: «Mi rivolgo - dice la donna - a tutte quelle persone che ora pensano al Natale, al cenone, agli invitati. Discutono su queste festività "rovinate" dal Covid. Che si lamentano per le restrizioni. Io penso che la cosa più importante è che stiano tutti bene. Che siamo in dieci o in due attorno a una tavola, non importa. Io - conclude Annamaria - trascorrerò il Natale con mio marito e mio figlio per vivere un momento felice dopo giorni di grande dolore e tristezza»