Gli effetti disastrosi derivanti dalla soppressione dell'ex tribunale di Corigliano Rossano sul tavolo del premier Giorgia Meloni e del Guardagilli Carlo Nordio. Dopo lo scioglimento delle Camere tutte le procedure parlamentari si sono azzerate. E quindi anche l’istruttoria che riguarda la riapertura dell’ex tribunale di Corigliano Rossano riparte daccapo. È di poche ore fa una mozione in cui si «impegna «il Governo ad assumere ogni iniziativa utile a ripristinare l’ex presidio e la Procura della Repubblica, oppure l’istituzione del tribunale della Sibaritide».

La questione è stata posta dai senatori di Fratelli d’Italia Ernesto Rapani e Fausto Orsomarso, insieme ai colleghi Sandro Sisler, Gianni Berrino e Guido Quintino Liris. «Con questa interpellanza riapriamo il dibattito parlamentare sulla rivisitazione della geografia giudiziaria che ha prodotto una miriade di effetti collaterali, spiegano Rapani e Orsomarso. La riforma Severino ha generato solo disfunzioni nel servizio giustizia in regioni come la Calabria, la Sicilia, l’Abbruzzo, la Liguria e il Piemonte».

I due parlamentari sottolineano come all’indomani della soppressione del Palazzo di giustizia jonico si siano dilatati «i tempi della giustizia, creato immani disagi agli utenti a causa della morfologia territoriale, dell’assenza di mezzi di trasporto pubblici e delle distanze, che superano nei casi estremi anche i 120 chilometri dal tribunale di competenza, quello di Castrovillari, certamente non adeguato ad “ospitare” l’utenza jonica, quattro volte superiore. Il riordino delle circoscrizioni con la chiusura dei tribunali cosiddetti "minori" sacrificati sull’altare del risparmio, ha sortito l’effetto contrario, quindi un aumento sproporzionato della spesa pubblica e del costo del servizio giustizia». 

Coinvolto sul tema anche il Guardasigilli: «In questa direzione accogliamo con grande favore la disponibilità del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a valutare la ridefinizione della geografia giudiziaria evidenziata nel corso di un question time anche a firma Rapani. Così come non possiamo non ringraziare i colleghi Sisler, Liris e Berrino, che come noi hanno vissuto sulla pelle cosa significhi chiudere presidi di legalità nelle loro regioni».

Chiesto infine un tavolo di confronto «utile a trovare le soluzioni più adeguate alle esigenze del sistema giudiziario nazionale, con particolare riferimento alla specificità territoriale, alla situazione infrastrutturale e al tasso d’impatto della criminalità organizzata e l’assunzione di ogni iniziativa utile a difesa dei tribunali e dei giudici di pace nei comuni al di sopra dei 15.000 abitanti, da considerare quali irrinunciabili baluardi di legalità e della presenza dello Stato sul territorio».