Malgrado la situazione di rischio sia tutt'altro che alle spalle, sui social e nelle discussioni della gente è già tempo di recriminazioni e imputazioni
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Non importa se ad andare letteralmente in cenere sia stata la suggestiva immagine (una splendida realtà, peraltro) di “Borgo Li Comuni” della pineta di Siano, uno dei tanti pezzi di macchia mediterranea situata nel cuore di Catanzaro, o una qualsiasi superficie boschiva o di verde all’interno o nei pressi del capoluogo. Gli incendi divampati fin dall’inizio di questa settimana infernale hanno scatenato una serie di polemiche. Roventi al pari dei roghi che hanno “consumato” la Calabria, non risparmiando purtroppo la città. I Tre Colli, infatti, sono stati in larghe parti della periferia divorati dalle fiamme.
Pineta distrutta dai roghi
Fuochi che hanno distrutto, o quantomeno sfigurato, il paesaggio, talvolta come premesso semplicemente incantevole come nel caso della pineta. Un terribile avvenimento che ha fatto esplodere anche la rabbia della gente, in molti casi spaventata perché residente in prossimità dei focolai e in parecchi altri indignata per essersi trovata di fronte a uno scenario inaccettabile. Un forte disappunto immancabilmente espresso via social. Diversi i soggetti messi sul banco degli imputati.
Le responsabilità
A cominciare, e come potrebbe essere altrimenti, dagli inqualificabili piromani definiti alla stregua di assassini senza scrupoli. Al secondo posto, in termini di “imputazione popolare”, ecco però comparire la politica locale che ad avviso di tanti avrebbe trascurato un’emergenza prevedibile in presenza di previsioni meteo arcinote da tempo. Bollettini e dispacci, da interpretare alla stregua di altrettanti urgenti avvisi di condizioni di caldo eccezionale - da record in verità - per almeno dieci giorni nella parte centrale del mese di agosto e anche oltre probabilmente. Un pericolo imminente, insomma.
Un’allerta chiara, che parlava di temperature a cavallo di Ferragosto, e anche prima e dopo, vicine se non addirittura superiori ai 40 gradi con alti tassi di umidità e la possibilità di intense e prolungate folate di vento propagatrici delle fiamme. In sostanza, il quadro perfetto per il divampare di spaventosi incendi, a ‘prescindere dalla loro quasi certa natura dolosa o persino più remota evenienza dell’origine del tutto accidentale dovuta alla cosiddetta autocombustione, che andava in qualche modo prevenuto o arginato con atti mirati. Un compito non facile, ma ritenuto dall’opinione pubblica nient’affatto impossibile.
Le polemiche
Al di là della capacità di prevedere, e in qualche modo attenuare, il devastante effetto del fuoco, la maggior parte delle critiche si è appuntato sulla reazione e quindi i tempi dilatati degli interventi delegati pressoché esclusivamente ai vigili del fuoco, quasi eroici nello svolgere il loro delicato lavoro anche a rischio della vita. Considerato tardivo, in altre parole, il provvedimento di chiedere uomini e mezzi (i famosi Canadair, ad esempio) straordinari e aggiuntivi unicamente al terzo giorno di drammatica situazione ovvero quando c’era poco o nulla da salvare. Una lentezza unanimemente stigmatizzata.
Detto questo, c’è da dare conto anche dell’intervista rilasciata stamani ad Avvenire dall’attuale vicesindaco di Reggio Calabria ed ex presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte (dal 2000 al 2005) Tonino Perna che, pur riferendosi all’area aspromontana da lui conosciuta alla perfezione, ha parlato di prevenzione “esportabile” fatta - con numeri alla mano relativi ad addirittura il 90% dei roghi in meno - mediante il bando di affidamento dei boschi a cooperative e associazioni.