Dopo il ritrovamento di cocaina nell'area destinata ai visitatori, il sindacato di polizia penitenziaria solleva l'attenzione sul problema e avanza la sua idea: adottare il modello della casa circondariale di Rimini
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Nel carcere di Rossano, ieri, è stata scoperta una nuova quantità di cocaina, destinata ai detenuti, riaccendendo i riflettori su una problematica sempre più urgente: l'entrata di sostanze stupefacenti dietro le sbarre delle carceri italiane. Con un numero crescente di tossicodipendenti confinati nelle strutture penitenziarie del Paese, è evidente che occorre affrontare la questione con misure più efficaci.
Indagini in corso | Corigliano Rossano, trovata cocaina in carcere lungo il percorso dei visitatori per la sala colloqui
Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, e Damiano Bellucci, segretario nazionale, sollevano l'attenzione su un modello virtuoso già in atto presso il carcere di Rimini. Qui, da diversi anni, un reparto dedicato ai tossicodipendenti offre 16 posti a individui che sottoscrivono un programma di recupero. Quest'ultimo impegna i partecipanti a rinunciare alle sostanze alternative, come il metadone, a partecipare a corsi di formazione e ad assumersi un ruolo attivo nel mondo del lavoro.
Il successo di questo approccio - secondo il Sappe - è evidente, poiché coloro che completano il percorso vengono reintegrati nella comunità esterna con risultati sorprendenti in termini di riduzione della recidiva. La formula si dimostra vincente, suggerendo che una strategia basata sul recupero e sulla riabilitazione può essere la chiave per affrontare la questione dell'abuso di sostanze dietro le sbarre.
Esiste, inoltre, una legislazione favorevole che agevola il rilascio di coloro che hanno superato o stanno seguendo un programma di recupero. Questa normativa, se adeguatamente sfruttata, potrebbe costituire un ulteriore strumento nella lotta contro il traffico di droga nelle carceri italiane.
La strada da percorrere, per il sindacato, sembra chiara: concentrarsi sul recupero e sulla riabilitazione dei tossicodipendenti, offrendo loro una prospettiva di reinserimento nella società. Al contempo, occorre intensificare le attività di prevenzione, tra cui l'utilizzo delle unità cinofile, per limitare ulteriormente l'accesso di sostanze stupefacenti dietro le sbarre. Il modello del carcere di Rimini è un faro di speranza che può illuminare la strada per una gestione più efficace del problema delle droghe nei nostri istituti penitenziari.