Dieci lunghi anni in cui la donna di Corigliano-Rossano è stata malmenata, violentata e costretta a prostituirsi con decine di uomini. Poi il coraggio e la forza di denunciare i suoi aguzzini e la fine dell'incubo
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Per entrare nella casa degli orrori bisogna salire alcuni gradini. Poi un grande soggiorno, da una parte la camera da letto, dall’altra la cucina ed una stanzetta. Ha un ricordo nitido, Joana (nome di fantasia). Quell’abitazione, diventata per lei una prigione, rappresenta il luogo nel quale quella che doveva essere una semplice relazione è divenuto un incubo terribile, finito solo grazie al coraggio di ribellarsi una volta per tutte. Ma sono serviti dieci lunghi anni, prima che Joana riuscisse a tirarsi fuori dalla morsa di violenze indicibili cui era sottoposta per mano di cinque uomini.
Gli albori della relazione
Joana conosce il suo aguzzino nel 2003. Lui è un amico del compagno, così come un altro componente del branco. L’inizio è di quelli normali: convivialità ed amicizia. Sei anni dopo, quell’uomo, all’apparenza piacente e curato, cattura lo sguardo di Joana. Lei resiste, sa che c’è un compagno ad attenderla. Lui, però, insiste. Ed evidentemente riesce ad esercitare un fascino particolare. Joana cede ed inizia una relazione sentimentale. «Credevo fosse anche amore», confessa ai poliziotti che l’ascoltano. Invece è il bivio che porta ad una strada fatta soltanto di violenze, fisiche e mentali, di percosse, sfruttamento e continue minacce ed estorsioni.
L’inizio delle violenze
Dura solo qualche mese il rapporto intimo fra i due. Poi arriva una prima richiesta strana: lui vuole essere il padrone, lei la schiava. A Joana sembra un modo per rompere la monotonia ed accetta. Così come pensa rientri sempre fra le trasgressioni sessuali del suo amante la richiesta di avere rapporti sessuali con un altro uomo, il cugino di colui che l’ha fatta innamorare. L’incantesimo si rompe definitivamente quando a Joana viene chiesto di avere rapporti sessuali con altre persone, diverse sia dal suo amante che dal cugino. Lei si rifiuta ed inizia il calvario. Dapprima ingiuriata, poi picchiata con calci e pugni alle braccia ed alle gambe. «Io sono il padrone, tu la schiava», ripeteva l’uomo che avrebbe dovuto amarla. Joana inizia a sentirsi un “giocattolo”. La sua resistenza si piega definitivamente davanti alla minaccia di mostrare al suo compagno dei video che la ritraggono mentre compie atti sessuali con altri uomini. Joana non resiste più, anche perché gli aguzzini la minacciano ancora duramente: fai quello che ti chiediamo oppure faremo del male al tuo compagno ed a tuo figlio. Joana non ha altra strada che cedere ed avere rapporti sessuali con loro. Le violenze si attenuano solo in occasione della gravidanza della donna. Ma, subito dopo il parto, l’inferno torna. Ed inizia a bruciare con inaudita ferocia. «Ad ogni mio rifiuto venivo malmenata», ricorda Joana. Il branco si preoccupa di non lasciare troppi lividi, per paura che il marito possa accorgersi di qualcosa.
Le nuove richieste
Ma è nel 2010 che le richieste dei tre amici si fanno più pressanti. Non è più sufficiente avere rapporti sessuali con la donna, ora la richiesta è diversa: far sì che Joana possa avere rapporti anche con altri loro amici e con più persone contemporaneamente. È un baratro che diventa sempre più grande. Amici che presentano altri amici che, a loro volta, portano altri uomini. Joana capisce di non riuscire più a liberarsi di questo maledetto inferno. Le viene data anche una scheda telefonica da utilizzare per avvisarli durante le assenze del marito. Perché i tre amici si muovono come una catena di montaggio: c’è chi passa a prendere la vittima, chi la accoglie nell’appartamento e chi si occupa di procacciare i clienti. I viaggi di Joana sono da vera e propria sequestrata: dentro il cofano dell’auto per non essere notata da nessuno. Poi, dentro la casa degli orrori, ad attenderla ci sono sempre uomini diversi. Mentre i cinque aguzzini si accordano sul prezzo da pagare. Perché Joana, di fatto, diventa una prostituta. Il tariffario varia a seconda del tipo di prestazione, ma di certo c’è che la donna è costretta a lavorare nottate intere, per essere poi riaccompagnata a casa. Joana non può scegliere i suoi clienti, né contrattare la prestazione. È il branco a stabilire tutto. Anche quelle pratiche più estreme che, per la donna, rappresentano un vero supplizio.
Le stanze dell’orrore
Joana ricorda tutto in modo nitido. Ha negli occhi le immagini delle stanze dell’orrore, così come dei luoghi che le ospitano: dalla zona industriale di Corigliano al lungomare di Schiavonea. La donna ripercorre, con flashback di precisione assoluta, persino l’ubicazione di ogni singola camera. E chissà quale fatica debba compiere la sua mente annebbiata dal dolore per ricordare pure i luoghi in cui venivano tenuti gli attrezzi da utilizzare durante gli incontri.
Il racconto di Joana diventa tormento quando narra di essere stata costretta ad avere rapporti in stanze divenute set cinematografici, con più uomini contemporaneamente, a gruppi di cinque o sei, arrivando anche a venticinque per volta.
Il trasferimento del marito in altra città diventa motivo per ulteriori soprusi di ogni tipo, tanto che i figli della donna sono costretti a rimanere con i nonni paterni perché, di notte, Joana non ha scelta: deve prostituirsi. Lei prova a ribellarsi, di nuovo senza successo. Tanto che pensa pure di farla finita. Ma l’amore verso le due creature messe al mondo, per fortuna, distoglie da quel pensiero assurdo.
Le richieste di denaro
Non solo Joana diviene una macchina per fare soldi. Il branco non si accontenta, vuole di più. Inizia a chiedere una tangente di 1000 euro al mese, dietro la minaccia di percosse. I risparmi del compagno vengono prosciugati e Joana arriva addirittura a rubare del denaro da casa dei suoi genitori pur di soddisfare le richieste degli aguzzini. Alla fine consegnerà una somma di 50mila euro circa.
L’invito al matrimonio
In questo girone infernale, arriva per Joana il momento di sposare il compagno. L’uomo che lei, un tempo, pensava l’amasse e che invece rappresenterà la sua rovina, la costringe ad invitarlo al matrimonio. È un amico del marito e viene accontentato. Anche quel giorno, però, non smette di minacciarla, dicendole che avrebbe dovuto soddisfare le richieste altrimenti sarebbe rimasta vedova. «Il giorno del mio matrimonio lo ricordo come l’ennesimo in cui ero spaventata ed infelice», racconta la donna ai poliziotti.
La finta malattia
La stanchezza di Joana, per una situazione ormai ingestibile, prende il sopravvento. Gli aguzzini la convincono, però, che un rimedio c’è per evitare che gli altri si accorgano di tutto: fingere di avere una malattia strana che le procura ematomi. E così avviene. Tanto che la donna si reca a Roma per fare delle visite, al fine di rendere credibile quella storia. È l’ennesima beffa, poiché anche nella capitale il suo aguzzino la costringe a prostituirsi con altri suoi conoscenti.
Le sevizie cui la donna è sottoposta le causano forti malesseri.
La marijuana in casa
Joana, però, riesce a notare qualcosa di strano: nell’abitazione di uno dei branco, vede una struttura di colore nero. Si avvicina e riconosce alcune piante di marijuana. L’uomo la scopre e la percuote. È l’episodio che segna un punto di non ritorno.
Il coraggio di denunciare
Stanca per tutto quello che ha subito, Joana, pochi mesi fa, racconta tutto al marito che la convince a denunciare i fatti alla Polizia. Gli uomini del commissariato di Corigliano Rossano ascoltano prima la sua deposizione, raccolgono ogni minimo dettaglio. Poi sentono anche il marito che conferma alcune circostanze fondamentali. I successivi riscontri sono positivi. Nella casa dell’aguzzino di Joana viene trovata la marijuana, un bilancino di precisione ed una serra per la coltivazione “indoor”. Anche i locali descritti dalla donna coincidono perfettamente, così come i luoghi in cui sono custoditi gli attrezzi.
Questa notte il blitz dei poliziotti che mette fine, una volta per tutte, agli incubi di Joana. Adesso la giustizia farà il suo corso. Per il gip che ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti gli indagati, il racconto di Joana e del marito è credibile. Rimane, però, la parte più difficile da superare: allontanare dalla mente dieci anni di violenze e soprusi, fisici e psicologici. Sarà una strada lunga e complessa. Ma Joana ha già dimostrato di avere il coraggio sufficiente per combattere anche l’ultimo incubo, quello della memoria.
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