Anche la Calabria ha deciso di scendere in piazza a manifestare contro i tagli al fondo nazionale per il contrasto ai disturbi dell’alimentazione (Dca) decisi dal Governo Meloni, che ha eliminato, con la nuova legge di bilancio, 25 milioni di euro, “correggendo il tiro” dopo le polemiche, con l’istituzione di uno stanziamento straordinario da 10 milioni nell’emendamento al Milleproroghe. In tutta Italia per il 19 gennaio sono stati organizzati sit in e proteste promosse da Chiedimi Come Sto (Udu e Rete degli Studenti Medi), Fondazione Fiocchetto Lilla, Animenta Dca, Maruska Albertazzi e Silvia Persico, che si sono svolti anche a Cosenza e Catanzaro.

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A Cosenza sono state Collettiva Medusa e Disturbatissim a mobilitarsi, scegliendo il rettorato dell’UniCal come luogo per la protesta: vari sono stati gli interventi che si sono susseguiti, tra cartelloni e fazzoletti lilla, alcuni fatti anche da chi in prima persona ha avuto disturbi legati all’alimentazione. «Pensiamo che il taglio si collochi in un piano più ampio del governo di depotenziamento della sanità pubblica, cosa della quale in Calabria siamo testimoni diretti, e anche per questo abbiamo deciso di protestare» sono le parole di Collettiva Medusa, collettiva transfemminista presente in UniCal da oltre un anno, che si è occupata tra le altre cose anche della battaglia per ottenere un ecografo funzionante presso il consultorio universitario. «Depotenziando la sanità pubblica numerosi ragazze e ragazzi non potranno accedere alle cure di centri specializzati, unico modo per uscire da questa situazione, né alle visite specialistiche che attestano i disturbi dell’alimentazione» continua la Collettiva, che porterà avanti la protesta anche il prossimo 15 marzo, durante la giornata nazionale contro i disturbi dell’alimentazione. 

Il sit in è terminato con l’intervento di Lunastorta, giovane autrice cosentina dalla quale è nata l’iniziativa della protesta, che ha cantato “Briciola”, il suo brano autobiografico prossimamente in uscita che parla di disturbi alimentari.

«Ho deciso di prendere parte alla mobilitazione nazionale per necessità e per acquisire una consapevolezza propria più forte. Sono cosciente di non essere guarita, ma sono cosciente anche del fatto che ci sono un sacco di persone che hanno bisogno di aiuto e chi, se non una persona che l’ha vissuto, può mobilitarsi nel migliore dei modi per arrivare empaticamente alle persone» dice Lunastorta, ideatrice di Disturbatissim, nata per parlare di Dca, ancora considerato un argomento tabù. «Il governo è complice di questa epidemia e noi siamo una resistenza che non ha paura di dissentire» conclude.

Il sit-in a Catanzaro

Non si è fatta attendere nemmeno la risposta nel capoluogo di regione, dove in piazza Matteotti striscioni e slogan hanno colorato di lilla il pomeriggio catanzarese (la foto sopra è di Alessandro Tarantino). Presenti il Collettivo Saggitta, Riprendiamoci i Consultori, Associazione G.r.e.c.a., C.a.s.m., Purple Square, e Chiedimi come sto, con il referente Niccolò Piras. 

«Siamo qui oggi non solo per protestare contro i tagli ai fondi per i centri di disturbo alimentare, ma anche per sollevare la questione dell'insufficienza dei finanziamenti attuali. I 10 milioni destinati a questi centri non sono sufficienti a fronteggiare l'ampiezza e la complessità dei disturbi del comportamento alimentare (Dca) che affliggono molte persone nella nostra comunità. La cura dei disturbi alimentari richiede spesso interventi multidisciplinari, compresi trattamenti psicologici, nutrizionali e medici. È fondamentale comprendere che l'accesso a cure di qualità non dovrebbe dipendere dalle possibilità economiche di un individuo» hanno dichiarato al megafono attivisti e attiviste che hanno preso parte al corteo. Presenti anche le istituzioni a Catanzaro, che ha visto scendere in piazza l’assessore alla pubblica istruzione Nunzio Belcaro, l’assessora al bilancio Marina Mongiardo e il presidente del consiglio comunale Gianmichele Bosco. La richiesta per tutti è quella di potenziare i finanziamenti e garantire un accesso tempestivo ai servizi inserendo all’interno dei livelli essenziali di assistenza (Lea) il trattamento dei disturbi dell’alimentazione, che causano in Italia circa 4mila vittime all’anno.