Risultavano tutti residenti nella tendopoli ministeriale di San Ferdinando, ma nessuno dei 7 africani arrestati viveva nell’accampamento creato dalla prefettura di Reggio Calabria. Una piccola elites criminale che era passata dai giacigli di fortuna all’appartamento in paese: così ai carabinieri è parso il gruppo di spacciatori. I migranti avevano i documenti in regola ma, secondo gli investigatori, al rispetto delle leggi dello Stato avevano preferito la delinquenza: ce l’avevano fatta a uscire dal ghetto, ma solo per trasferire nella vicina Rosarno la loro base logistica.

Offre certamente uno spaccato nuovo, l’ultima indagine della Compagnia dei carabinieri di Gioia Tauro, guidata dal capitano Andrea Barbieri, che - per la prima volta - sorprende gli ex braccianti neri a maneggiare la polvere bianca. Ci sono infatti anche la cocaina e varie sostanze da taglio, tra i rinvenimenti che i militari del maresciallo Francesco Vadalà – che guida la Stazione di San Ferdinando, hanno potuto fare in un appartamento nel centro di Rosarno dove i migranti gestivano pure una piantagione di marijuana.

Uno dei 7 arrestati viveva a Firenze e l’ipotesi formulata, vidimata dal Gip del tribunale di Palmi, è che proprio il capoluogo toscano fosse il terminale privilegiato del viaggio dei corrieri. L’indagine non ha rilevato collegamenti diretti tra la banda e i clan mafiosi, ma il denaro sequestrato – quasi 20mila euro – lascia intendere come un lucro comunque fiorente, difficilmente possa essersi creato senza l’avvallo della criminalità organizzata locale.