È una vicenda che parte da lontano quella delle adozioni internazionali dei bambini della Bielorussia, conseguenza naturale dei cosiddetti “soggiorni di risanamento” iniziati dopo il disastro nucleare di Chernobyl, che nel tempo hanno permesso a di accogliere circa 700mila minori in tutta Italia.

Da quasi quattro anni però le adozioni, che interessano anche numerose famiglie calabresi, risultano bloccate, manca infatti una firma su una lettera di garanzia con l'elenco delle famiglie adottanti idonee che, come previsto da un accordo tra i due Stati, Italia e Bielorussia, sancito nel 2017, avrebbe dovuto apporre il presidente del Consiglio dell'epoca, Giuseppe Conte.

Da qui la mobilitazione dell'associazione Fadobi Aps, Famiglie adottive Bielorussia, presieduta da Carlo Forte, che da Nord a Sud, insieme anche all'ente adottivo Alfabeto onlus, presieduto da Mauro Mosconi, attende lo sblocco delle adozioni e si appella al Governo italiano.

Una questione umanitaria

«Negli anni sono stati siglati numerosi accordi tecnici con la Bielorussia, per permettere di procedere all'adozione internazionale. La Bielorussia permette l'adozione internazionale solo all'Italia e a nessun altro Paese al mondo. L'ultimo accordo tecnico risale al 2017 e lo stesso prevede che ogni anno entro il primo ottobre l'Italia mandi l'elenco aggiornato delle famiglie idonee all'adozione internazionale, che hanno fatto domanda, accompagnata da una lettera di garanzia sul benessere dei minori adottati in Italia firmata dal Presidente del Consiglio o dal presidente della Repubblica, indirizzata al presidente della Bielorussia -spiega Forte -. Dal 2020 però questo elenco e questa lettera, nei termini previsti dall'accordo, non sono stati più inviati perché da quello stesso anno l'Europa non riconosce più Lukasenka quale presidente della Bielorussia per le violazioni del diritto internazionale commesse e ha trasformato una questione umanitaria in una questione politica. Tutti i politici che abbiamo interpellato, da Draghi a Mattarella, dal Vaticano a grandi organizzazioni umanitarie – prosegue -, ci hanno sempre risposto che si trattava di una questione politica, punto. Chiudendo così cuore e orecchie a qualunque motivazione umanitaria, alzando un muro in materia».

L'appello alla premier Meloni

 

«Però grazie al presidente dell'ente adottivo Alfabeto onlus, Mauro Mosconi,- continua Forte - che ha perseguito le vie giudiziarie, lo scorso settembre la Cassazione si è pronunciata in materia affermando che questa lettera di garanzia che non si vuole firmare è un atto amministrativo e non un atto politico. Inoltre, la decisione di non procedere espone lo stesso Governo italiano a richieste di risarcimento danni per non aver ottemperato in questi quattro anni. La nostra speranza è che il presidente Meloni firmi la lettera di garanzia e la invii, insieme all'elenco, alla Bielorussia così come previsto dall'accordo tecnico visto che è un atto amministrativo e rispetti così la sentenza dei giudici italiani ma soprattutto nel rispetto del diritto alla famiglia che tutti questi bambini hanno».

Il sogno di avere una famiglia

Al momento sono 207 le pratiche ferme e altrettanti i minori, molti in orfanotrofio, in attesa di vedere realizzato il loro sogno di avere una famiglia, una speranza che si riaccende ogni qual volta i potenziali genitori adottivi li raggiungono nella loro terra per fargli visita: «Per alcuni di essi un sogno non solo ritardato ma reso addirittura impossibile perchè hanno raggiunto e superato la maggiore età. Ad aggravare tutta questa situazione è stata sicuramente la sospensione delle accoglienze di risanamento. Prima col Covid e poi con tutti i conflitti nati in questi anni si sono bloccate e moltissime famiglie italiane, anche calabresi, si sono sobbarcate viaggi complicati, onerosi, lunghi, pur di rispettare quella promessa fatta ai bambini e non uccidere la loro speranza di avere una famiglia».