La zona arancione consente loro l’apertura ma commercianti, estetisti, parrucchieri, albergatori, non vogliono contentini, ma certezze sulle quali costruire il loro futuro dopo un anno di pandemia che ha reso il loro quotidiano una lotta continua e farraginosa tra decreti, pseudo ristori, risparmi svaniti.

Ecco perché si sono dati appuntamento all’isola pedonale di Lamezia Terme in un’iniziativa promossa da Impresa Calabria per manifestare in modo pacifico il loro malcontento. «Non siamo noi gli untori», «Più ristori meno elemosina» e, ancora, «la pandemia è un problema sanitario, lo avete fatto diventare un problema economico», alcuni degli slogan riportati sui cartelli del flash mob, ma anche “Più vaccini, più economia”.

Le perdite economiche non si contano, una vera e propria emorragia che il governo ha cercato di stemperare con soluzioni tampone che i lavoratori non esitano a definire spiccioli. «Vogliamo delle risposte concrete che ci indichino una direzione d’uscita perché ad oggi non sappiamo cosa fare», ci ha spiegato il titolare di un negozio d’abbigliamento.

«Tutti quelli che si occupano di food and beverage sono stati colpiti senza pietà indiscriminatamente e senza regole certe», ha aggiunto un ristoratore. «Siamo aperti solo per una questione di dignità e per non perdere la clientela, ma in realtà si perdono soldi tutti i giorni», spiega il titolare di un bar pasticceria. Perdono clientela ancora di più i centri commerciali, chiusi nel fine settimana, nei festivi e nei prefestivi, sono luoghi chiusi e fanno paura.

Intanto, il virus dilaga. Anche a Lamezia i numeri sono corposi e il Giovanni Paolo II ha terminato i posti letto. Sanità ed economia sono ormai strettamente correlati, ecco perché tra le richieste, quella di velocizzare le vaccinazioni. A portare il suo contributo alla protesta anche un medico di base, Michele Rosato: «La scelta più intelligente in questo momento sarebbe quella di bloccare tutto e fare partire una serie campagna vaccinale di massa».