Sanità, la verità del manager dimissionario. Sergio Diego: «Troppe magagne, sono stufo»

INTERVISTA ESCLUSIVA | Il direttore generale facente funzioni dell’Asp di Cosenza spiega perché ha deciso di lasciare l'incarico. E racconta episodi inediti sul disastro del settore in Calabria, dalla morte di Santina Adamo ai dirigenti che si danno malati, dalla mancata fusione degli ospedali di Corigliano-Rossano alla pressione anche giudiziaria che grava sui vertici delle aziende sanitarie

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di Salvatore Bruno
9 agosto 2019
09:32
Sergio Diego
Sergio Diego

Sergio Diego le sue dimissioni da direttore generale reggente dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza le aveva già presentate nella prima settimana di luglio, alla scadenza dei sessanta giorni dalla nomina, ma il Commissario ad Acta Saverio Cotticelli le aveva rifiutate. Questa volta Diego le ha consegnate di persona, direttamente nelle mani del generale. Respinte anche queste. Ma il dirigente aveva ormai assunto la sua decisione. Per questo, di ritorno da Catanzaro, la data è quella del 7 agosto, quelle stesse dimissioni le ha inviate con una Pec a cui ha fatto seguire un’altra comunicazione, sempre di posta certificata, di richiesta ferie. Il tempo di recuperare dall’ufficio qualche effetto personale e poi via verso Oriolo, il suo paese di origine, la sua casa, la sua famiglia.

Decisione sofferta

Da quarant’anni in servizio nella sanità calabrese, non deve essere stato facile prendere questa decisione. «È stata una scelta sofferta, ma le confesso di sentirmi sollevato, libero da pensieri per la prima volta dopo tanto tempo». Dopo tre anni da direttore amministrativo dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, in tandem con Achille Gentile, con cui aveva condiviso ampi sprazzi della sua esperienza nell’allora Asl di Rossano, Sergio Diego è giunto ai vertici dell’Asp più grande della Calabria, tra le più estese d’Italia, all’indomani della promulgazione del Decreto Calabria, in qualità di dirigente anziano. E sono stati novanta giorni di fuoco. «Da dove vuole che cominciamo? Non so se ha tempo perché ci sarebbe da parlare per tre settimane», dice al telefono. Per quasi tutto il giorno si era reso irreperibile, sbirciando ogni tanto tra i messaggi e le chiamate perse. A sera ha rotto gli indugi. La prima telefonata è per Cotticelli. Cosa si siano detti non è dato sapere. La seconda è per noi: «Mi sono dimesso – dice – è vero. Ma ero stufo di fare l’ortolano. Non so se mi capisce, l’ortolano di un campo immenso di cetrioli».


Le violazioni nelle guardie mediche

Cosa intende dire?

«Le faccio un esempio. Nell’autunno del 2018 i carabinieri dei Nas ed i funzionari Spisal per la prevenzione di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, hanno effettuato un accesso nella guardia medica di Scalea, riscontrando alcune criticità. Sono tornati nel febbraio del 2019 constatando che nessuno dei problemi segnalati era stato risolto. L’ultimo controllo è dello scorso giugno, dopo il mio insediamento. Nel giro di dieci giorni ho provveduto ad ottemperare alle prescrizioni richieste, ma poiché si trattava del terzo accesso, è scattata anche una sanzione amministrativa di circa 1.200 euro. Indovini a carico di chi. Adesso mi segua – incalza Diego –. Nel territorio dell’Azienda Sanitaria provinciale di Cosenza operano 122 guardie mediche ed ho ragione di credere che siano tutte più o meno nella medesima condizione di quella di Scalea. E probabilmente vi sono diversi altri ambulatori in cui esistono verbali pendenti con ingiunzioni da adempiere, senza che io ne abbia contezza. Questo per dirle che non ho mai avuto timore di assumermi responsabilità direttamente connesse alle mie funzioni. Ma non posso sobbarcarmi anche quelle che arrivano alle spalle, da gestioni precedenti».

Per questo non ha approvato il bilancio consuntivo?

«Non avrei mai potuto controfirmare un documento contabile, peraltro con un risultato negativo, redatto sulla base di una programmazione che non ho né deciso, né condiviso. L’ho dichiarato al Dipartimento regionale ed anche al Commissario. Le dico una cosa. Nella prima settimana di giugno ho rilevato la mancanza dei necessari impegni di spesa per mandare avanti due servizi essenziali: quello della mensa negli ospedali e quello degli stampati in dotazione ai Cup per la riscossione del ticket. Mi sono trovato ad un bivio: autorizzare la spesa, legittimando così l’ennesima proroga di un sistema che va avanti in regime provvisorio e senza espletare le gare di appalto da più di sette anni, oppure interrompere i pagamenti con tutte le inevitabili conseguenze per gli utenti. Ho deciso allora di raggiungere il generale Cotticelli a Catanzaro e lui mi ha autorizzato una prorogatio di altri sei mesi».

I buoni rapporti con Cotticelli

Mi sembra di percepire che con il Commissario ci sia una certa sintonia. Pensa che potrà risolvere i problemi della sanità calabrese?

«Guardi, secondo me tutto è risolvibile. Anche senza mettere in piedi una task force. Devo dire che con me Cotticelli è sempre stato molto disponibile. Ci siamo confrontati su molte questioni ed abbiamo trovato di comune accordo un rimedio ad innumerevoli problematiche, non emerse sulla ribalta giornalistica, proprio perché rapidamente risolte. Però ci vuole libertà nelle scelte. E bisogna andare oltre i campanilismi. Prenda il caso degli ospedali Compagna e Giannettasio di Corigliano e Rossano. Anche adesso che si è arrivati alla fusione dei due comuni, comunque rimangono operativi entrambi gli ospedali. Con l’accorpamento potremmo risolvere diversi problemi, senza creare disagi all’utenza. Al contrario: potremmo offrire un servizio migliore risparmiando risorse umane, tecnologiche ed economiche. Lo stesso discorso vale per Paola e Cetraro».

La morte della mamma a Cetraro

A proposito di Cetraro. Lei è rimasto coinvolto in qualità di dirigente generale, anche nel tragico caso del decesso di Tina Adamo.

«Su questa vicenda è bene fare un po’ di chiarezza. Non voglio entrare nell’ambito di eventuali colpe mediche, ambito che non mi compete. Bisogna però dire che già il 31 maggio scorso il punto nascita è stato oggetto della visita ispettiva della Commissione aziendale per l’autorizzazione e l’accreditamento, incaricata dall’Asp di verificare il possesso dei requisiti di prosecuzione dell’attività, anche in deroga rispetto al volume di 500 parti annui prescritti dalle norme. E la Commissione avrebbe dovuto trasmettere la relazione conclusiva entro il 10 giugno. Invece tale relazione è giunta il 14 giugno priva della prescritta check list per la sicurezza del punto nascita, basata sul programma della Organizzazione Mondiale della Sanità. Sa una cosa? Ancora oggi non è stata trasmessa».

Se le tempistiche fossero state rispettate cosa sarebbe cambiato?

«Sulla base delle criticità riscontrate forse si sarebbe deciso per la sospensione delle attività del punto nascita prima del drammatico episodio, determinazione poi assunta  a seguito di una riunione svoltasi nel Dipartimento per la tutela della salute della Regione».

Analisi, tutti vogliono un laboratorio

Ha avuto il suo bel da fare anche per tenere a bada gli amministratori di San Marco Argentano e Castrovillari, per la questione dei laboratori di analisi.

«Ho dovuto fare i conti con sit in e proteste di cittadini. Ma forse non si è ben compreso come stanno le cose. Non è importante avere il laboratorio di analisi sotto casa. L’importante è avere il punto prelievo. Ed infatti, come disciplinato dal Decreto del Commissario ad Acta vergato da Scura nel 2017, è previsto un laboratorio di analisi a Castrovillari e negli altri ospedali spoke, mantenendo il punto prelievo in altri presidi territoriali dell’Asp.  Questo significa che l’utente continua ad avere un ambulatorio, nelle strutture di San Marco Argentano, Lungro, Cariati, in cui è garantita la presenza di un infermiere per il prelievo del sangue. Se poi le provette viaggiano verso Castrovillari per le analisi, nulla cambia per il destinatario del servizio. Molto invece cambia per l’Azienda Sanitaria, perché può concentrare i propri investimenti di personale e di attrezzature verso una sola struttura. Non è un dettaglio di poco conto. Bisogna considerare che i laboratori di San Marco Argentano, di Castrovillari e di Cariati sono stati allestiti dalle vecchie Asl, le Aziende Sanitarie Locali. In quella fase quindi, i singoli dirigenti hanno adottato scelte differenti nella tipologia delle apparecchiature e anche dei reagenti. Se tenessimo aperti i tre laboratori, dovremmo acquistare reagenti, ma anche materiali e pezzi di ricambio diversi per ogni singola struttura, triplicando gli sforzi. Solo per accontentare qualche politico locale che distorce la realtà»

A Castrovillari però, nell’ultimo periodo il laboratorio non accettava più campioni di sangue provenienti dall’utenza esterna all’ospedale. Per quale motivo? Carenza di personale?

«Anche su questo si è fatta cattiva informazione. Com’è noto, dopo l’approvazione del decreto Calabria si è aperta una finestra di pochi giorni per operare nuove assunzioni. Immediatamente ho consultato le graduatorie aperte di biologi ed abbiamo attinto da quella di Crotone per la nomina di due professionisti da assegnare a Castrovillari. Non solo. Il primo giugno scorso ha anche preso servizio a Rende un dirigente medico di anatomia patologica, il cui contratto di assunzione era stato sottoscritto dal dirigente che mi ha preceduto. L’ho subito dirottato a Castrovillari. Sa cosa è successo? Il giorno dopo si è dato malato. Quando ha capito che poteva stare a casa anche per un anno ma che comunque lo avrei trasferito a Castrovillari, si è rassegnato. Quindi, in poche settimane, l’equipe di Castrovillari è stata implementata con ben tre nuovi innesti: un anatomopatologo e due biologi. Ma per la responsabile del laboratorio, i biologi di prima nomina non erano affidabili. Quindi ha deciso che doveva ridurre il numero dei campioni di sangue da analizzare sospendendo la ricezione di prelievi dall’esterno. Ed ho dovuto fare i salti mortali per tamponare questa assurda emergenza».

Dimissioni irrevocabili

Cosa ha scritto nella sua lettera di dimissioni?

«Se le rivelassi il contenuto commetterei una scorrettezza nei confronti del generale Cotticelli, ma anche verso l’Azienda. Posso dirle però che una realtà complessa come quella dell’Asp di Cosenza, non si può governare con i poteri limitati dell’ordinaria amministrazione. Né si può pensare di scaricare sull’ortolano di turno, le responsabilità di situazioni datate, destinate ad incancrenirsi anche a causa della ritardata nomina del commissario che avrebbe dovuto invece concretizzarsi all’indomani della conversione in legge del Decreto Calabria.

Tornerà sui suoi passi?

«Non credo. Tra un anno se Dio vorrà, potrò andare in pensione. E non voglio trascorrerla a cercare di recuperare scartoffie per difendermi, magari in qualche sede giudiziale, da comportamenti colposi che non ho commesso».

 

Giornalista
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