Inizierà domani mattina alle ore 11 il processo sui presunti falsi matrimoni in provincia di Cosenza. Si tratta di un’inchiesta coordinata dall’ufficio di procura, diretto dal procuratore capo Mario Spagnuolo, e condotta dai carabinieri, nell’ambito di un’attività investigativa relativa alla veridicità di alcuni permessi di soggiorno che, secondo il teorema accusatorio, sarebbero stati rilasciati a seguito di nozze combinate, mediante pagamento di denaro.

Secondo la procura di Cosenza, infatti, a capo di questa presunta associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ci sarebbe Armando Leporato. Contestazione che riguarda sei degli otto imputati (Armando Leporato, Andrea Feraudo, Hamd Ait Ali, Elisa Zanfino, Emilia Antolino, Giulia Francesca Carla De Rose).

Matrimoni fittizi in provincia di Cosenza, le accuse della procura

Il presunto sodalizio criminale si sarebbe adoperato «nell’individuazione di cittadini extracomunitari bisognosi di ottenere il permesso di soggiorno, organizzando matrimoni fittizi tra cittadini italiani e cittadini extracomunitari irregolarmente presenti nel territorio nazionale». Tutto ciò, come evidenziato prima, sarebbe avvenuto in cambio di un presunto illecito profitto tra 4500 e 6000 euro a matrimonio. La presunta organizzazione, inoltre, avrebbe assicurato «attività di assistenza e supporto sia nella fase antecedente al momento della celebrazione del matrimonio che successivamente, adoperandosi perché gli stessi potessero ottenere i documenti di identità (carta d’identità e codice fiscale) e di abilitazioni alla guida di autoveicoli nel territorio europeo».

Matrimoni fittizi in provincia di Cosenza, le persone sottoposte a giudizio

A processo dunque si trovano Armando Leporato, Andrea Feraudo, Hamd Ait Ali, Elisa Zanfino, Emilia Antolino, Giulia Francesca Carla De Rose, Elisa Pagliaro e Rossella Altimari. Nel collegio difensivo figurano, tra gli altri, gli avvocati Francesco Tancredi, Francesco Caruso, Giovanni Putortì, Pierpaolo Principato, Valerio Vetere, Eugenio Naccarato, Elena Florio e Roberto Deni. Infine, è bene rimarcare che le persone imputate sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza di condanna passata in giudicato, così come previsto dall’articolo 27 della Costituzione. Allo stato, dunque, gli imputati sono da ritenersi non colpevoli.