VIDEO | Gli ultimi giorni di una paziente della Domus Aurea di Chiaravalle nel racconto dei parenti. È la 22esima vittima. «Dopo il 23 marzo è crollato tutto, non sappiamo cosa sia successo»
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È il tiepido sole di aprile a porgere l'ultimo saluto ad Antonietta Leone. Dopo quindici giorni di ricovero nel centro Covid del Policlinico universitario Mater Domini di Catanzaro, in mattinata è stata dimessa per far ritorno alla sua Torre di Ruggiero.
Quarantacinque minuti di viaggio; questa volta però senza luce negli occhi né respiro nei polmoni. «L'ho vista l'ultima volta ai primi di marzo – racconta la figlia, Beatrice Martelli –, il 23 marzo l'ho sentita.
Ho un video di un dipendente della Domus Aurea in cui si vede che mia madre stava benissimo, era sorridente e pimpante. Era il 23 di marzo, dopo è crollato tutto. Di chi sia la colpa non lo so dire, cosa sia successo non lo so dire».
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Il funerale
Solo lo sguardo lontano dei familiari più stretti, una fugace benedizione e poi il freddo abbraccio di quattro uomini armati di mascherine e scafandri. È questo l'ultimo capitolo della tragedia che ha avuto inizio con il contagio nella casa di riposo di Chiaravalle Centrale. Ventiduesima vittima della Domus Aurea nella conta dei morti, all'anagrafe: Antonietta Leone nata a Torre di Ruggiero il 10 luglio del 1920.
Il contagio mortale oltre a strapparle il respiro vitale, le ha anche portato via l'ambita vetta dei cento anni. «Una sera durante una cena tra amici e amministratori, tra cui il sindaco di Cardinale e di altri comuni vicini – spiega il figlio, Domenico Martelli – avevamo programmato una festa per i cento anni di mia madre. Sarebbe stata il 10 di luglio».
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Il trasferimento e poi la morte
Quattordici anni trascorsi nella casa di riposo. Antonietta è una delle ultime ospiti ad essere trasferita nella notte al policlinico universitario di Catanzaro. È il 2 di aprile, ieri alle 12 la telefonata dall'ospedale per comunicare il decesso.
«Il mio rimpianto più grande, dopo una vita passata a coccolarci, è di non averle potuto dare l'ultimo saluto, l'ultima carezza, l'ultimo abbraccio», aggiunge ancora il figlio.
«Questa è una cosa che lascia sgomenti un po' tutti. Io parlo per tutte le persone d'Italia che non hanno avuto nemmeno l'opportunità di vederli, nemmeno di accarezzarli. Noi forse qui siamo stati più fortunati perché abbiamo quanto meno potuto assistere alla funzione e portarla dentro la sua casa».