«Noi medici prime vittime della malasanità», parla il dottore aggredito

VIDEO |Un’azione di soccorso che per poco non si è trasformata in tragedia per il malcapitato camice bianco del 118 di Corigliano-Rossano. Ma quest’ennesima violenza non è altro che la cartina di tornasole di un sistema sanitario, quello della Sibaritide, ormai a pezzi

di Marco  Lefosse
28 agosto 2019
15:00

«Siamo vittime di un sistema sanitario calabrese organizzato male. Di un sistema sanitario che invece di darci tutti i mezzi idonei e tutte quelle tutele di cui abbiamo bisogno per svolgere al meglio un lavoro volto a salvare vite umane, ci lascia abbandonati al nostro destino».

Può stare tutta qui, nelle parole di Sinibaldo Iemboli, il medico del 118 che ieri sera in servizio d’emergenza ha subito l’aggressione violenta, con un coltello, da parte di un assistito, la sintesi dello scatafascio sanitario del territorio ionico. Dove, tra strutture fatiscenti, assenza di posti letto, la carenza cronica di medici e infermieri, l’esasperazione di tutti, dal personale medico e paramedico per finire agli utenti, ha preso il sopravvento.


Lo spoke di Corigliano-Rossano svuotato di tutto

L’atto scellerato di ieri che, alla fine, si è risolto con qualche spintone e qualche punto di sutura (quelli apposti alla mano sinistra del medico), continua però a mantenere apertissima e sanguinante la ferita su un ospedale spoke, quello diviso tra i presidi di Corigliano e Rossano, che così com’è non serve praticamente a nulla.

Mancano almeno 60 posti letto dei 273 assegnati

E non è un caso se molti buoni medici vanno via e quelli che rimangono (altrettanto buoni) – stoicamente – operano alla menopeggio e senza sicurezza. Mancano i requisiti minimi. Manca, su tutti, l’attuazione dell’atto aziendale. Perché – e questo sono in molti a ribadirlo e a sottolinearlo – quei posti letto previsti nel decreto Scura e destinati alla rete ospedaliera ionica, sono solo sulla carta. In realtà nello spoke di Corigliano-Rossano mancherebbero all’appello più di 60 posti letto dei 273 inseriti come livelli essenziali di assistenza (lea) nel piano di riorganizzazione varato dall’ex commissario Scura nell’ormai lontano 2016.

Si vive alla giornata. Gli utenti sono costretti spesso ad emigrare in altri ospedali (il via vai dell’eliambulanza dal nosocomio è ormai costante), il personale medico e paramedico, invece, deve sobbarcarsi, oltre a turni massacranti, anche il rischio di essere i bersagli di azioni criminali come quella avvenuta ieri sera.

Rabbia e rassegnazione regnano sovrane

«Di primo acchito – dice ancora Iemboli – sopravviene la rabbia quando si è vittime incolpevoli di queste azioni». Poi, però, subentra la rassegnazione, quasi a voler giustificare quanto accaduto. «La gente è stanca – aggiunge – perché ormai percepisce che la sanità offerta dagli ospedali del territorio non è capace di dare risposte. Quello che fa più rabbia, però, è che ci troviamo di fronte ad un apparato istituzionale e manageriale sordo che non sente il continuo grido d’allarme che ormai, quasi a cadenza quotidiana, lanciamo ai vertici della sanità calabrese».

 

 

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Giornalista
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