Morì durante sbarco a Reggio ma il colonnello Fazio non fu “vittima del dovere” -VIDEO

In tribunale la famiglia dell’alto ufficiale, deceduto nel 2013. Al via il processo davanti al giudice del lavoro. Il figlio Antonino sul mancato riconoscimento: «È come se l'avessero ucciso due volte»
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di Angela  Panzera
2 maggio 2018
12:31

«È come se mio padre fosse morto per la seconda volta. È un’ ingiustizia, una di quelle nei confronti delle quali mio padre ha combattuto una vita e la vedo proprio ricadere sulla sua persona, sulla sua figura sulla suo nome. Non l’accetto». Sono parole di amarezza e di rabbia quelle di Antonino Carlo Fazio, il figlio del colonnello dei Carabinieri Cosimo Giuseppe Fazio, morto il 15 agosto del 2013 mentre stava coordinando le operazioni di sbarco di un gruppo di migranti al porto di Reggio Calabria. A cinque anni di distanza dalla scomparsa di un uomo dello Stato, la sua famiglia si è dovuta rivolgere al giudice del lavoro poiché il Ministero si è opposto al riconoscimento quale “vittima del dovere”. Il processo inizierà domani presso la sede degli uffici giudiziari reggini. «Mi pare strano che il Ministero- continua Antonino Fazio- non abbia avuto la decenza, consentitemi il termine, di capire quella che era l’importanza di mio padre e dei suoi uomini nell’ottemperare a quella che era una situazione di emergenza assoluta per Reggio Calabria».

Il primo sbarco a Reggio Calabria

Oltre ad essere in servizio alla scuola allievi carabinieri, il colonnello Fazio 12 giorni prima della sua morte aveva assunto l’incarico di comandante della polizia municipale. Un incarico conferitogli dalla commissione straordinaria di Palazzo San Giorgio. Per lui era necessario e doveroso presenziare e coordinare il primo importante sbarco di migranti in riva allo Stretto. Per questo sacrificio l’Arma ha intitolato alla sua memoria l’aula polifunzionale proprio della scuola allievi e il 18 dicembre scorso poi, gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare. Un’ onorificenza quest’ultima fra le più importanti concesse dallo Stato, lo stesso Stato che ora si oppone a vederlo riconosciuto quale “vittima del dovere”.


La famiglia attende giustizia

«Mi aspetto giustizia- ha affermato Fazio-una giustizia non solo per la famiglia Fazio ma, per tutte quelle famiglie che vivono questo disagio. Attraverso la vicenda di mio padre sono venuto a conoscenza di tante altre situazioni analoghe come quella del tenente Liguori in Campania; un tenente della polizia municipale che indagò addirittura “sulla terra dei fuochi” e proprio a seguito di queste indagini si ammalò di tumore. Ad oggi la famiglia del tenente Liguori non vede riconosciuto il proprio caro quale “vittima del dovere” e patisce lo stesso dolore che sta provando la mia famiglia». Il colonnello Fazio era uno dei migliori ufficiali dell’Arma in servizio.

La battaglia in Tribunale

Una persona dall’alto spirito di servizio ma, anche un uomo che facilmente veniva amato dai suoi collaboratori e nonostante i pochi giorni in servizio al comando della polizia municipale aveva già conquistato un posto nella comunità cittadina. Quel maledetto Ferragosto di cinque anni fa arrivò al porto reggino tra i primi. La città stava per vivere uno dei primi momenti tristi e difficili sul fronte “emergenza-sbarchi”. Le calde temperature, le ore incessanti di lavoro, ma soprattutto il “peso” morale di quella giornata hanno portato via un servitore della Repubblica come pochi. Quello che adesso sta vivendo la famiglia del colonnello Fazio ha davvero un contorno “grottesco” ma nel contempo i familiari confidano nell’operato della magistratura. «Spero che la vittoria- ha concluso Antonino Fazio- in Tribunale di questa mia battaglia, possa essere una vittoria non solo mia ma, anche di chi come la mia famiglia da tanti anni soffre questa mancanza».

 

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