Non avendo trovato i resti del nonno, il legale si sarebbe recato dal primo cittadino per informarlo dell’accaduto. È quanto emerge dalle indagini della Guardia di Finanza e della Procura di Vibo. Anche un giudice sapeva?
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Emergono nuovi particolari dalle carte dell’inchiesta che ha portato alla scoperta del cimitero degli orrori a Tropea. Le tombe violate di defunti con nome e cognome sono almeno tre, mentre i cadaveri – o parti di essi –distrutti ed appartenenti a soggetti ancora da identificare sono almeno sette in un arco temporale ricompreso fra il 18 novembre scorso ed il 22 gennaio.
Estumulazioni e tumulazioni totalmente illecite, dunque, con un’attività criminale che veniva svolta da tempo, almeno dal luglio del 2019 secondo la Guardia di Finanza e la Procura di Vibo Valentia. A Tropea e dintorni, a quanto pare, erano in molti a sapere, ma nessuno – sino ai mesi scorsi – ha avuto la forza di denunciare. Le indagini hanno appurato che Salvatore Trecate – figlio del custode Francesco Trecate – veniva impiegato costantemente all’interno del cimitero di Tropea pur non essendo legato da alcun rapporto con il Comune.
Numerose sono le lapidi distrutte, mentre da altra lapide è stata staccata la foto dei defunti e si è proceduto ad un’illecita estumulazione di due coniugi per poi distruggerne i resti dandoli alle fiamme.
Dalla denuncia del testimone di giustizia, Pietro Di Costa, emerge poi che il custode del cimitero e dipendente comunale Francesco Trecate – premiato a settembre dal sindaco Giovanni Macrì per abnegazione al lavoro – non avrebbe permesso a nessun altro muratore di seppellire le salme dei defunti, minacciando i parenti dei deceduti con frasi del tipo: «Se non lo muro io il morto non viene seppellito». Per le murature, Francesco Trecate – stando alla denuncia di Pietro Di Costa che cita nomi e cognomi dei parenti dei defunti che hanno pagato – si sarebbe fatto pagare somme ricomprese fra le 500 e le 800 euro, con lavori eseguiti dallo stesso, dal figlio Salvatore e da Roberto Contartese.
Il sindaco sapeva?
Stando alle dichiarazioni del primo cittadino, Giovanni Macrì, lo stesso non sarebbe stato a conoscenza di quanto accadeva nel locale cimitero dove agiva indisturbato il dipendente comunale Francesco Trecate. Vi è però un passaggio della denuncia del testimone Pietro Di Costa – che emerge dalla richiesta di applicazione di misura cautelare – in cui lo stesso afferma testualmente che «Un giudice, del quale non conosco il nome – ha messo nero su bianco Di Costa –non ha più trovato i genitori e per tale ragione ha anche lui fatto denuncia. Proprio questo giudice ha avuto un diverbio verbale con il sindaco Macrì. I fatti da me narrati sono riferibili al periodo luglio-dicembre 2020».
Se il giudice indicato da Pietro Di Costa deve ancora (per quello che al momento emerge dall’inchiesta) essere identificato dagli inquirenti, non così per altra persona indicata da Di Costa che è stata identificata nell’avvocato Giuseppe Bordino il quale è stato sentito dalla Guardia di Finanza ed ha effettuato con gli investigatori un sopralluogo nel cimitero di Tropea dichiarando quanto segue: «Intendo precisare che dell’estumulazione del nonno, fu Giuseppe Bordino, mi sono accorto la sera dell’1 novembre 2019, ricorrenza della festività di tutti i Santi, ragion percui mi sono recato al cimitero per rendere omaggio ai miei cari defunti. Inoltre mi sono ricordato che nel mese di ottobre o settembre 2020, non ricordo bene, sono stato convocato dall’Arma dei carabinieri di Tropea. In tale circostanza mi sono state chieste – ha riferito Bordino alla Guardia di Finanza – analoghe informazioni circa l’estumulazione del nonno. Dopo qualche giorno dalla convocazione dei carabinieri mi sono recato al Comune di Tropea e ho parlato direttamente con il sindaco Giovanni Macrì. Al sindaco ho rappresentato dell’avvenuta estumulazione del nonno, del fatto che in merito ero stato sentito dai carabinieri di Tropea e pertanto ho chiesto che mi venisse concessa un’edicola funeraria per tumulare i resti del nonno caso mai l’avessero ritrovati, nonché dei miei genitori tumulati nella cappella dei suoceri. Dal sindaco ero già stato – ha aggiunto l’avvocato Bordino nella denuncia alla Guardia di Finanza – anche qualche settimana dopo la scoperta dell’estumulazione del nonno, quindi nella prima quindicina del mese di novembre 2019. In tale circostanza lo avevo già informato dell’estumulazione del nonno ed avevo chiesto la concessione di un’edicola per seppellire i resti una volta restituiti. Il sindaco – aggiunge l’avvocato Bordino – la prima volta, novembre 2019, mi disse che si sarebbe impegnato mentre la seconda volta, settembre-ottobre 2020, mi disse di non aver potuto fare nulla».
Sin qui la denuncia dell’avvocato Giuseppe Bordino. Il sindaco Giovanni Macrì – che questa mattina ha annunciato si recherà dal prefetto di Vibo Valentia Francesco Zito – secondo l’avvocato Bordino era stato informato. Il primo cittadino, nel suo comunicato lanciato via facebook alla cittadinanza, ha invece sottolineato di non aver percepito nulla di quanto stava accadendo nel locale cimitero. Chi ha ragione? O, se si preferisce, chi mente o ricorda male? L’avvocato Bordino – la cui denuncia è parte integrante dell’inchiesta della Procura e della misura cautelare emessa dal gip – oppure il primo cittadino? È chiaro – anzi, chiarissimo – che più di qualcosa, stando così le cose, non torna. Ecco perché le indagini vanno avanti e promettono ulteriori sviluppi, in attesa che sia ora il sindaco a smentire gli incontri di cui riferisce l’avvocato Bordino ed il loro contenuto. Perché la vicenda è molto – ma molto seria – ed è finita pure su tutta la stampa estera. E non osiamo immaginare cosa sarebbe accaduto se Tropea – come sognava qualcuno – fosse stata davvero incoronata “capitale della cultura italiana”.