«Siamo molto preoccupati per la carenza di personale di polizia penitenziaria e per la situazione del servizio sanitario che, visto il fallimento dei rapporti con le Asp competenti, dovrebbe tornare ad essere gestito dall’amministrazione penitenziaria. Nei prossimi giorni solleciteremo un’interrogazione parlamentare in materia».

Ecco una prima istantanea resa da Pasquale Montesano, segretario nazionale aggiunto dell’Organizzazione sindacale autonoma della Polizia Penitenziaria Osapp dopo la visita presso l’istituto di prevenzione e pena di Reggio Calabria, plesso San Pietro, in occasione della quarta tappa calabrese, dopo Rossano, Crotone e Catanzaro.

Termina, infatti, nella città dello Stretto, con le tappe anche nel plesso di Arghillà e alla casa circondariale di Palmi, il primo tour calabrese che riprenderà a marzo per completare con le tappe a Castrovillari e Cosenza. Denunciate criticità per nulle nuove ma ancora irrisolte quelle portate in evidenza dalla delegazione composta oltre che dal segretario nazionale aggiunto Pasquale Montesano, anche da Maurizio e Silvio Policaro, rispettivamente segretario regionale e provinciale Osapp. Si conferma uno spaccato in cui le carenze di personale sul fronte educativo, trattamentale e sanitario si ripercuotono sull’organizzazione generale del lavoro, gravando in modo particolare sulla polizia penitenziaria, di per sé già sottodimensionata.

Personale sottodimensionato

«Mancano assistenti sociali, educatori, medici e infermieri e spesso il personale di polizia penitenziaria si trova a sopperire alle carenze e inefficienze di un sistema sul quale la politica dovrebbe intervenire in termini di risorse umane e anche strutturali in grado di assicurare standard di benessere allo stesso personale. Benessere che non è assolutamente considerato. Basti pensare che ad Arghillà, carcere relativamente nuovo e all’avanguardia, non è mai stata costruita la caserma agenti eppure molti agenti sono pendolari. A gravare sono anche il cattivo funzionamento, ad esempio, degli impianti di videosorveglianza e automazione dei cancelli, dispositivi anti inclusione e anti scavalcamento. Tutte carenze che impongono un maggiore carico di lavoro al personale già carente», ha rimarcato Maurizio Policaro, segretario regionale Osapp Calabria.

«In Calabria mancano circa 300-350 unità di personale, un’ottantina solo nei plessi San Pietro e Arghillà dell’istituto di Prevenzione e Pena di Reggio Calabria. Questi innesti consentirebbero di adeguarsi alla pianta organica e di garantire quegli standard minimi per permettere al personale penitenziario di operare nelle corrette condizioni. Standard per raggiungere i quali si dovrà intervenire anche sulle carenze di caserme agenti, mense, gli spacci e altri servizi», hanno sottolineato Pasquale Montesano e Maurizio Policaro, rispettivamente segretario nazionale aggiunto e segretario calabrese dell’Organizzazione sindacale autonoma della Polizia Penitenziaria Osapp.

Carenze sanitarie

Se dunque non si registrano più criticità dal punto di vista del sovraffollamento, certamente non sono di poco conto gli aspetti problematici che ancora restano da risolvere. L’inadeguatezza delle politiche di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, il cui riflesso si registra anche nelle carceri, soprattutto a Catanzaro dove risultano 80 detenuti di questa tipologia, aggrava il quadro, invocando personale specializzato laddove non si riescono a garantire neppure medici e infermieri previsti in pianta organica.

«Nel plesso di Arghillà abbiamo assistito alle dimissioni di medici fino ad arrivare a poterne garantire la presenza non più h24 ma solo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 14. Dunque se dovesse arrivare un detenuto venerdì sera, dovrebbe attendere il lunedì mattina, quindi 48 ore, per essere visitato dall’unico medico in servizio. Tutto questo in tempo pandemia», ha denunciato ancora Maurizio Policaro, segretario regionale Osapp Calabria.

La sicurezza e la criminalità organizzata

«Il potere che la criminalità organizzata esercita, gestendo il sistema penitenziario, è davvero preoccupante. Pur essendo il detenuto calabrese più gestibile, l’arrivo di detenuti da regioni, come la Puglia e la Campania, alimenta quella miscela esplosiva che, alla luce di recenti episodi di introduzione in carcere di sostanze stupefacenti e micro telefonini, genera insicurezza e allarme. La criminalità organizzata ha preso il sopravvento e sul punto chiamo in causa direttamente il ministero di Giustizia affinché ne prenda atto, adempia alle proprie responsabilità e intervenga per restituire, anche e soprattutto alla luce di questo, dignità al personale di polizia penitenziaria», ha concluso Pasquale Montesano, segretario nazionale Aggiunto dell’Organizzazione sindacale autonoma della Polizia Penitenziaria Osapp.

I dati della pandemia

Secondo il report aggiornato al 15 febbraio, su un dato nazionale di poco più di 2200 persone detenute positive, in Calabria nelle dodici strutture penitenziarie (casa di reclusione di Rossano, Case circondariali di Castrovillari, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Palmi, Locri, Paola e Vibo Valentia, i plessi San Pietro e Arghillà dell’Istituto di Prevenzione e Pena di Reggio Calabria e l’istituto a Custodia Attenuata di Laureana di Borrello), quelle asintomatiche gestite internamente sono 186, di cui 77 a Catanzaro, 52 a Vibo Valentia e 35 nel plesso di San Pietro a Reggio Calabria. Solo due i sintomatici. Sul fronte del personale penitenziario, rispetto al dato nazionale complessivo di 1281 unità di personale contagiate, in Calabria gli asintomatici sono 51, di cui 46 nel reparto di Sicurezza, e 7 i sintomatici.