VIDEO | Dimasi era giunto da Laureana al Gom di Reggio Calabria senza documenti. Dopo la morte la salma è rimasta anonima perché le richieste arrivate al Comune riportavano una data di nascita sbagliata
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Ci sono nuovi, e forse definitivi, particolari sul giallo del cadavere anonimo nell’obitorio del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, ed aggiungono indignazione a quello che all’inizio sembrava solo un triste caso di morte dimenticata.
Che la salma non rivendicata e posata da un anno in una cella frigorifero fosse di Pasquale Dimasi, era stata la Gazzetta del Sud a rivelarlo ieri; è bastato però andare nel municipio di Laureana di Borrello – paese dove viveva l’uomo che si era ipotizzato essere vittima di lupara bianca - per scoprire un corto circuito fra uffici che ha reso senza sepoltura una morte avvenuta per cause naturali. «Arrivavano al Comune diverse richieste di informazione – spiega una impiegata dell’ufficio anagrafe – ma la persona di cui i colleghi di Reggio Calabria ci chiedevano conto aveva una data di nascita sbagliata».
Un corto circuito burocratico veramente amaro, da quando una sera della scorsa estate Dimasi accusa un malore mentre era in casa; l’uomo, che viveva solo, va alla guardia medica dove si decide il trasporto con il 118 prima all’ospedale di Polistena e poi in quello della città dello Stretto dove morirà. Dato per scomparso al suo paese, il trapasso di Dimasi non è stato comunicato ai familiari perché nel momento del ricovero non aveva documenti e, evidentemente, i referti medici riportavano dati sbagliati. «Noi sin da marzo scorso – prosegue l’impiegata laureanese – glielo avevamo detto che il Demasi scomparso era del 1965, e non del 1950 come risultava in ospedale, ed ho pure segnalato la cosa ai carabinieri».
Di questo difetto di comunicazione il sindaco Alberto Morano ha appreso insieme al cronista, dopo aver dichiarato che «tutta la comunità è colpita dal ritardo e da questo triste epilogo». Al Comune mostrano un documento che sembra metterli al riparo, nel senso che analoga richiesta di informazioni era stata trasmessa dall’Anagrafe reggina anche ai comuni San Pietro di Caridà e Galatro, segno forse che non erano scritti in maniera chiara gli atti che dalle strutture sanitarie locali avevano accompagnato il ricovero a Reggio. «So che la sorella è stata chiamata per fare il riconoscimento del cadavere», commenta un cittadino, solo che nelle case popolari di Bellantone – dove vivono alcuni familiari di Dimasi – nessuno ha voglia di parlare al cronista.
Alla porta dell’abitazione del centro storico in cui lo sventurato si era sentito male, sono ancora apposti i sigilli del sequestro. All’epoca, visto che nessuno aveva saputo di quel malore, era stato finanche ipotizzato che si trattasse di un caso di lupara bianca, mentre – si scopre oggi – è stata "solo" la scomparsa di un uomo magari mal cercato, ma certamente troppo frettolosamente dimenticato dagli uffici pubblici.