Assunzioni fantasma, azienda condannata a risarcire i finanziamenti regionali

L’indagine della Guardia di Finanza ha confermato che tre dipendenti non avrebbero ricevuto nessuna retribuzione e non sarebbe stato svolto nessun percorso formativo
di Luana  Costa
25 aprile 2017
14:29

Assunzioni fantasma con finanziamenti regionali. La sezione giurisdizionale della Corte dei conti Calabria pronunciandosi sul giudizio di responsabilità promosso dalla Procura contabile ha condannato al pagamento di 51mila euro Valerio Caparelli, amministratore unico della società N.T.O. di Cosenza. La somma dovrà essere versata alla Regione Calabria a titolo di restituzione di un finanziamento che l’azienda aveva ottenuto a valere sul Por Calabria 2000/2006 finalizzato all’assunzione e alla formazione di tre dipendenti, circostanza che secondo la ricostruzione dei magistrati non sarebbe mai avvenuta.

 


Nel 2008 l’imprenditore aveva infatti siglato con la Regione Calabria un atto con cui, sulla base del finanziamento ricevuto, si impegnava “a perfezionare tre assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time e il previsto percorso formativo interno all’azienda con affiancamento di un tutor di impresa”. Ma la ricostruzione effettuata dalla Guardia di Finanza racconterebbe tutt’altra storia.

 

Nell’informativa redatta dalle Fiamme gialle, due dei tre dipendenti avrebbero dichiarato di non aver mai percepito la dovuta retribuzione mentre il rapporto lavorativo sarebbe stato interrotto molto tempo prima dei 36 mesi, termine previsto al momento della sottoscrizione dell’atto di adesione e obbligo con la Regione Calabria propedeutico all’erogazione del finanziamento.

 

E nemmeno lo svolgimento del percorso formativo in azienda si sarebbe uniformato agli obblighi assunti con l’amministrazione regionale. Dalle indagini affidate alla Guardia di Finanza sarebbe infatti emerso che i tre dipendenti non avrebbero mai preso parte ad alcun corso formativo post-assunzione, non gli sarebbe stato fornito alcun materiale didattico o indumenti da lavoro. In particolare, almeno due dei lavoratori non avrebbero riconosciuto come proprie le firme apposte sul registro delle presenze successivamente trasmesse alla Regione Calabria.

 

Luana Costa

Giornalista
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