VIDEO | Il sostituto procuratore generale di Cassazione fu ucciso il 9 agosto 1991 vicino Villa San Giovanni e avrebbe dovuto rappresentare l'accusa nel giudizio di appello del Maxiprocesso di Palermo. Il ricordo della figlia Rosanna
Tutti gli articoli di Cronaca
«Avevo imparato ad andare in bicicletta senza rotelle e, quella sera d'estate di trentuno anni fa, l’unico desiderio che avevo era di dirlo al mio papà. Una volta salito dal mare, dalla casa dei miei nonni paterni a Campo Calabro mi avrebbe chiamato e io glielo avrei detto. Ma il telefono non squillò perché a casa non arrivò mai».
Aveva solo sette anni ma Rosanna ricorda quella giornata finita nel dolore più inconsolabile quando, invece della telefonata del suo papà, irruppe nella sua vita la notizia data dal telegiornale. Suo padre, il giudice Antonino Scopelliti, sostituto procuratore generale alla Suprema Corte di Cassazione che proprio nella casa a Campo Calabro studiava i faldoni contenenti le carte redatte e messe insieme da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per istruire il maxi processo contro Cosa nostra, era stato ucciso in un agguato.
Era il 9 agosto 1991. A settembre avrebbe dovuto rappresentare la pubblica accusa nel giudizio di appello avverso le condanne seguite al Maxiprocesso di Palermo; il processo penale più imponente di sempre. Per manifestare vicinanza ai familiari, poche ore dopo arrivò a Campo Calabro da Palermo, proprio Giovanni Falcone. Un delitto, a distanza di trentuno anni, ancora senza giustizia e verità.
Trentuno anni e nessuna verità
«Il tempo trascorso senza conoscere la verità su quanto accaduto quel giorno pesa tantissimo e ogni anno pesa ancora di più. La pazienza è davvero messa a dura prova e a noi familiari non resta che continuare a chiedere verità e giustizia con pacatezza ma anche con fermezza, sollecitando e spronando coloro che stanno lavorando alle indagini ad andare avanti e a dare risposte. Non è solo a noi familiari che ciò che dovuto ma a tutto il Paese che avrebbe diritto ad una giustizia celere. Il caso di mio padre non è d’altri tempi ma invece è molto attuale e rispecchia ancora la geografia delle mafie e della criminalità organizzata di oggi», ha sottolineato la figlia di Antonino Scopelliti, Rosanna, che con i suoi occhi scuri e profondi e i suoi lineamenti molto gli assomiglia.
Sulla scorta di nuove deposizioni in altri processi, nel 2019 la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha riaperto le indagini. Iscritti nel registro degli indagati esponenti di Cosa Nostra e della 'Ndrangheta come mandanti ed esecutori materiali.
Certamente, infatti, questo asse nulla avrebbe avuto da guadagnare dalle condanne del Maxiprocesso. A oggi, però, ancora nessuna responsabilità è stata accertata e nessuna verità consegnata alla famiglia e alla storia.
«Quella sensazione di protezione eterna...»
«Quando ripenso a quell’estate, in cui per noi è cambiato tutto e dopo la quale mia vita non è stata più la stessa - ha raccontato la figlia Rosanna - mi rendo conto di tutta la ricchezza che fino a quel momento l’aveva attraversata, di tutta la tenerezza e di tutto l’amore. Devo ringraziare mio padre e mia madre che, pur non nascondendomi la loro paura per il pericolo e la loro fragilità, sono rimasti forti e presenti e non mi hanno fatto mai pesare la particolarità della nostra vita. Sento ancora quella sensazione di protezione, che per ogni bambina è essenziale, e che a me sembrava eterna. Anzi, era così. Ricordo, custodendolo come il bene più prezioso, quel tempo passato tra le sue braccia davanti alla televisione, momenti di grande dolcezza che solo nella vita privata potevamo condividere. Fuori si stava sempre attenti. Mai un gelato, una passeggiata. Troppo rischioso e quando ci si doveva spostare il mio posto era dentro una valigia rossa. Tutto per proteggermi e io mi sentivo al sicuro. Un papà speciale che ho potuto avere solo per sette anni. Sono bastati perché non lo potessi dimenticare e perché lo sentissi sempre accanto a me. Sono bastati come stanno bastando per mia figlia Elena le foto e i miei ricordi. Lei ha con nonno Nino, che non ha mai potuto conoscere, un rapporto molto particolare. Sa che non potrà mai andare con lui a prendere un gelato o ascoltare da lui una storia, ma sa anche che nonno Nino è e sarà sempre con lei, ogni giorno fino a sera. Sarà con lei fino quando si addormenterà, tenendole la mano affinché non tema i brutti sogni», ha raccontato ancora la figlia Rosanna.
Antonino Scopelliti, magistrato
Magistrato integro e incorruttibile, indipendente e rigoroso. Pubblico ministero presso la procura della Repubblica di Roma, poi presso la procura della Repubblica di Milano, quindi procuratore generale presso la Corte d'appello e infine sostituto procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione. Si occupò di mafia e anche di terrorismo, rappresentando la pubblica accusa nel primo processo sul caso Moro ed in quelli relativi al sequestro dell'Achille Lauro, alle stragi di Piazza Fontana e del Rapido 904. Tra i processi a lui affidati anche quello contro Cosa Nostra. L’estate del 1991 lavorava proprio al rigetto dei ricorsi avverso le condanne in appello presentati, dinnanzi alla corte di Cassazione, dagli imputati nel maxiprocesso di Palermo, istruito da Falcone e Borsellino nella prima metà degli anni Ottanta, con 460 imputati, 19 ergastoli e di oltre 2600 anni complessivi di reclusione.
L’esempio e la memoria
Anche quest’anno, la fondazione Antonino Scopelliti, presieduta dalla figlia Rosanna, ricorderà l’uomo, il padre e il magistrato che fu Antonino Scopelliti, con tante iniziative in corso già qualche giorno, distribuite tra Campo Calabro, Villa San Giovanni e Reggio Calabria, patrocinate da Camera dei Deputati, Regione Calabria, Comune di Reggio Calabria, Città Metropolitana, Città di Villa San Giovanni, Città di Campo Calabro, associazione Comuni dello Stretto, e promosse in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria, lo studio di animazione Magmanimation e la Piccola Opera Papa Giovanni.
Tanti gli eventi collaterali alla consueta commemorazione solenne a Piale, tra Campo Calabro e Villa San Giovanni, lì dove il giudice, a bordo della sua auto, fu colpito a morte. In quel luogo, un suggestivo affaccio sullo Stretto che fu ciò che Antonino Scopelliti vide prima di morire, sorge un monumento. Un presidio della memoria che guarda al mare al quale Antonino Scopelliti non rinunciava a tornare, ogni anno.
«Uniamo tre comunità in occasione di questo anniversario ma in realtà, con tutte le iniziative che la Fondazione promuove durante l'anno, uniamo tutto il Paese. In particolare - ha spiegato Rosanna Scopelliti, presidente della Fondazione - con le attività di sensibilizzazione nelle scuole e i progetti in collaborazione con il tribunale per Minorenni volgiamo il nostro sguardo e la nostra attenzione soprattutto alle giovani generazioni e a quei giovani che è nostro dovere non lasciare indietro. Siamo impegnati nel coltivare il valore della Memoria che non deve mai affievolirsi per guidare coloro che si stanno formando a scegliere da che parte stare. Una scelta che può essere orientata solo dall’esempio. L’insegnamento di mio padre che mai mi abbandona è sempre straordinariamente attuale e consiste nel coraggio delle proprie idee, nel rispetto della dignità, nell’integrità e nell’indipendenza del pensiero. La sua è stata una vita spesa al servizio della legge e della difesa della legalità e della verità. Quella che, purtroppo, rispetto alla sua morte, oggi viene ancora negata. C’è ancora tanto da lavorare, così certamente oggi direbbe, e noi non abbiamo alcuna intenzione di delegare né di arrenderci. Sempre a testa alta e con il cuore in mano. Mi incoraggia e mi fa continuare a sperare, sentire mia figlia Elena che già a sei anni dice che da grande vorrà seguire e animare la Fondazione. Per me sarebbe un regalo bellissimo», ha concluso Rosanna Scopelliti.