Proprio la denuncia dei due ragazzini ha portato all'avvio delle indagini che hanno portato all'operazione Sbarre e all'arresto di 17 persone
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«Questo è un procedimento che nasce da un fatto inquietante che è il sequestro di due ragazzini, uno dei quali di appena 13 anni». Lo ha riferito il procuratore capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri durante la conferenza stampa tenuta al Comando provinciale dei carabinieri per spiegare i dettagli dell'operazione Sbarre nell'ambito della quale sono stati arrestati 17 persone con l'accusa di traffico e spaccio di droga.
«I due minorenni - ha aggiunto - erano assuntori di stupefacenti e avevano sottratto della droga all'organizzazione. Sono stati quindi sequestrati e rinchiusi in due locali, picchiati e minacciati con le pistole.
Solo l'intervento di un parente dei due ragazzini, anche lui arrestato, ha consentito che la situazione si appianasse prima di diventare drammatica. La paura di ulteriori ritorsioni ha spinto i due ragazzini a fare una denuncia che è stata sviluppata e all'esito di quest'attività di riscontro, la compagnia di Reggio Calabria dei carabinieri ha delineato due organizzazioni che sono riferibili per contatti e una serie di rapporti con le cosche di 'ndrangheta, pur non essendo stato accertato un collegamento diretto con le famiglie mafiose».
Il riferimento è alle cosche Serraino, Tegano e alla famiglia Molinetti. Proprio i legami con questi ambienti, seppur non operativi, secondo Bombardieri, hanno reso possibile l'operatività delle piazze di spaccio: «Questa indagine si collega anche a precedenti operazioni della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Per esempio uno dei principali arrestati Luigi Chillino era a capo di un'organizzazione che a sua volta era in contatto con Maurizio Cortese, il reggente della cosca Serraino».