«Si vigili sui cantieri. La morte di mio padre non venga dimenticata»

VIDEO | L’appello di Giada Muraca, figlia di Franco, morto un anno fa a Lamezia Terme cadendo da un ponteggio: «C’è chi aspetta giustizia ma lo Stato sembra averlo dimenticato»

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di Tiziana Bagnato
9 luglio 2019
14:13

Era il 4 luglio dello scorso anno quando Franco Muraca, 55 anni appena, cadeva da un ponteggio allestito per ristrutturare un’abitazione di Sambiase a Lamezia Terme. Muraca battè il capo e da allora non riprese più coscienza. Portato prima all’ospedale di Lamezia Terme e poi in elisoccorso al Pugliese Ciaccio spirò poche giorni dopo lasciando nel dolore più crudele la sua famiglia. L’ennesima morte bianca, l’ennesima morte sul lavoro, mentre era intento a fare ciò che, si dice, nobilita e dà dignità all’uomo. Ma su quel ponteggio e in quel salto nel vuoto, senza alcun tipo di protezione, Franco Muraca ha trovato la morte e la parola fine ad una vita fatta di sacrifici e affetti.

 


Prima la carriera militare, poi il lavoro negli oleifici accompagnato a quello da operaio edile. Un lavoratore appassionato e onesto conosciuto da tutti a Lamezia, un padre amorevole la cui mancanza lacera la sua famiglia giorno dopo giorno. Su questa vicenda si è chiuso un primo processo penale ed in corso quello civile, ma quello che Giada, figlia adorata di Franco, vuole fare è chiedere giustizia ed attenzione, non solo per chi l’ha messa al mondo ma anche per le migliaia di morti bianche che quotidianamente compilano un bollettino di guerra nel nostro Paese, 1450 solo nel 2018.

 

Troppe morti, troppe poche tutele. «Il 6 luglio 2018 il mio giovane papà ha smesso di lottare contro le ferite gravi che la caduta gli ha provocato. Mio padre – dice Giada - ha smesso di lottare in maniera terrena per uno Stato con non gli ha mai teso la mano. Forse contro un destino che è già scritto per chi lavora e non si risparmia come ha fatto lui. Egoisticamente ho pregato Dio di salvarlo per me». «Oggi prego - continua - che sia lui a di darmi un po’ della sua forza affinché sia fatta giustizia. Perché le cose finalmente inizino a cambiare in questo Paese. Per tutte quelle figlie che non verranno accompagnate all’altare dal loro papà. Che non sentiranno i loro figli chiamare “nonno” ad alta voce. Per tutti i familiari che si ritrovano ogni notte a parlare con una foto in una cornice. Per le mamme, le mogli, le figlie che accendono un cero e vivono con la testa rivolta sempre al cielo».

 


 «Che si facciano maggiori controlli nei cantieri – chiede Giada –, che si vada a vedere se le norme vengono rispettate, c’è chi aspetta giustizia, ma lo Stato sembra averlo dimenticato».

Giornalista
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