È partita dalla denuncia di un anziano l’indagine denominata Transilvania che ha portato questa mattina all’arresto di 16 persone. L’uomo, originario della Locride, si è infatti rivolto alla locale stazione dei carabinieri segnalando per primo di essere stato circuito da una giovane donna di nazionalità rumena la quale, fingendosi innamorata di lui, lo aveva indotto, nell’arco di un anno, a consegnarle, attraverso dazioni dirette di danaro contante e versamenti tramite “Money Transfer” all’estero, la somma complessiva di 20mila euro. I carabinieri, infatti, intuendo che non poteva trattarsi di una condotta isolata si sono prontamente attivati e, attraverso una mirata attività investigativa nonché tramite accertamenti di natura finanziaria sull’interessata, sono giunti in breve a disarticolare una presunta organizzazione criminale, dotata di una struttura piramidale, composta interamente da persone di nazionalità rumena, ognuno con un compito ben definito all’interno della rete, con un vertice in Romania e la propria base operativa in Italia, tra Bianco e Melito di Porto Salvo, con articolazioni nei comuni di Siderno, Rosarno, Bovalino, Reggio Calabria e Milazzo, in Sicilia.  

In particolare, l’associazione, avrebbe fatto capo a due coniugi originari di Bistrita-Nasaud (Romania) e si sarebbe avvalsa di giovani donne che, appositamente addestrate ed agendo singolarmente, dopo aver selezionato con attenzione le proprie potenziali vittime, generalmente uomini anziani di età compresa tra i 70 ed i 90 anni, attraverso modalità di circonvenzione ricorrenti, inducevano questi al versamento di cospicue e continue somme di danaro, fino a mille euro per singola transazione, che venivano ceduti dalla vittima direttamente nella mani della truffatrice, oppure bonificati ai vertici della banda in Romania.

All’iniziale approccio al malcapitato, solitamente con la scusa di vendere oggettistica di esiguo valore come accendini e fazzoletti, seguiva la fase di adescamento, nel corso della quale le giovani, profittando delle condizioni di solitudine e vulnerabilità delle vittime, si dichiaravano infatuate di quest’ultime, nonché bisognose di danaro, adducendo nella maggior parte dei casi fittizi problemi di salute personali o dei propri familiari residenti, in particolare, nell’area esteuropea.  

Anche le minacce connotavano molte delle richieste di danaro, trasformatesi in taluni casi in vere e proprie estorsioni allorquando la vittima, accortasi della spirale nella quale era incappata, decideva di non elargire nuove somme, per poi essere ricattata dietro l’intimidazione di rivelare la relazione clandestina ai familiari o all’eventuale coniuge nel caso in cui fossero cessati i versamenti.

Di particolare rilievo – a conferma della spregiudicatezza dei componenti dell’associazione – è l’arresto operato nel dicembre 2018 dai militari della stazione carabinieri di San Luca, i quali sottoponevano a fermo di indiziato di delitto due donne dell’organizzazione, successivamente condannate e tutt’ora in carcere, responsabili di aver commesso una rapina in abitazione in danno di un settantasettenne precedentemente circuito, non prima di avergli somministrato una dose quasi letale di valium, causando all’uomo, nei giorni successivi all’evento, ben due infarti.

In altre due occasioni, rispettivamente nel dicembre 2018 e nell’aprile 2021, i carabinieri avevano arrestato in flagranza di reato due donne nel momento in cui queste riscuotevano i soldi oggetto di richiesta estorsiva conseguente alla ribellione da parte delle proprie vittime, le quali si vedevano costrette a pagare nuove somme affinché non venisse rivelata ai familiari la relazione.

La violenza con cui agiva la banda, nonché la ripartizione dei ruoli al suo interno, è altresì dimostrata dall’episodio avvenuto nell’ottobre 2018 a Grotteria  che ha visto coinvolto un uomo quasi novantenne, condotto in un’abitazione privata in uso alla propria adescatrice, dando così il tempo ai complici della donna di sottrargli il portafoglio dall’autovettura.

Il carattere transnazionale dell’organizzazione, i cui appartenenti dopo aver perpetrato le proprie attività delittuose sul territorio nazionale, facevano periodicamente rientro alla base logistica in Romania per ridefinire le strategie operative e spartirsi i proventi delle condotte illecite, ha fatto emergere la necessità per gli investigatori di avviarne il monitoraggio degli spostamenti tramite i canali di cooperazione internazionale di polizia.