Se n’è andato l’ultimo eremita della Sila. Pasquale Talarico "Bettina" si è spento all'età di 96 anni. Grande parte della sua lunga vita, “zio Pasquale” l’ha trascorsa nella pace, e lontano dai rumori del mondo, fra le splendide montagne della Sila Grande. Franco Laratta, giornalista ed ex parlamentare, ne ripercorre l'esistenza. 

Chi era Pasquale Talarico

Ha cambiato diverse località per anni, poi dal 1970 si è stabilito definitamente in un angolo di paradiso, difficilmente accessibile ai più, un luogo ameno e sperduto, ai piedi della montagna di “Campo di Manna”, in agro di San Giovanni in Fiore, dove il fiume Neto inizia la discesa lungo il marchesato di Crotone, per poi giungere dopo decine di chilometri, verso il mare. Un balcone naturale di straordinaria bellezza.

 

Negli ultimi 40 anni, zio Pasquale ha vissuto in una baracca con poche lamiere che poggiavano su muri in pietra a secco. Viveva con poco, non aveva particolari necessità, lontano da tutto e da tutti ha trovato il silenzio e la pace che per secoli gli eremiti hanno cercato nelle valli e fra le montagne dell’altopiano della Sila, che fino a 50 anni fa era fortemente innevato fino a primavera. Zio Pasquale viveva in compagnia delle sue capre e del suo mulo, che portava a cercare erba fresca e a bere quell’acqua pura che in Sila sgorga da ogni angolo.

A lui si avvicinavano tranquillamente tutti gli animali delle montagne silane, perfino cinghiali e lupi, perché zio Pasquale non faceva paura, anzi era a tutti gli effetti un figlio della montagna, una delle tante creature che popolano la Sila nelle sue insenature più selvagge e intatte, lontanissima dall’uomo e dai suoi istinti distruttivi.

La vita in montagna

Gianluca Congi, che per lavoro e prima di tutto per passione, conosce benissimo la Sila, racconta la storia e le vicissitudini dell’ultimo eremita: “per settimane e per mesi, zio Pasquale rimaneva isolato nella sua oasi selvaggia, violata di tanto in tanto dalle visite del figlio Giovanni, di qualche buon uomo e dagli uomini di legge, che lui amava chiamare in dialetto sangiovannese come quelli della “leggia”. 

Ricordo la prima volta che lo incontrai. Ero un ragazzo, curioso di vedere questa persona, un po’ timoroso ma allo stesso tempo deciso. Non lontano dal suo alloggio, notai uno strano albero abbarbicato ad un costone roccioso e che lui stesso diceva di aver trovato già così vecchio e rugoso. Era un Orniello o Frassino da manna secolare, mai visto nulla di simile, giacché questo genere di pianta di solito cresce in forma di piccolo albero”.

Pasquale aveva dei figli avuti dalla moglie. Ma lui aveva scelto di vivere per sempre nella sua montagna, fra le acque e i graniti della Sila, in compagnia dei suoi animali.

Sapeva tantissime cose sugli animali selvatici che popolano la Sila.  Osservava attento gli uccelli, ed amava osservare quei grandi e misteriosi volatili simili alle aquile.

L’ultimo eremita della Sila

Qualche anno fa, ormai molto vecchio, zio Pasquale è stato costretto per ragioni di salute a lasciare la sua amatissima montagna.

Si è spento serenamente il 3 dicembre 2020. Siamo andati insieme a Gianluca Congi, e con tantissima fatica, a trovare quei luoghi che zio Pasquale ha vissuto e amato per decenni. C’era uno strano silenzio: gli animali, le sue capre ormai disperse, il fiume impetuoso dopo le grandi piogge di questo mese, tutto sembrava piangere la morte di un piccolo grande uomo, così piccolo e taciturno da aver lasciato la sua anima in quei luoghi incantati che nessuno, oltre lui, deve avere mai visto e vissuto prima.

Ha lasciato la sua anima laggiù, fra gli aranci, gli ulivi, le pietre nude... e quell’albero secolare, unico, mai visto prima.

Lui è lì. Abbiamo sentito il suo respiro nel vento di dicembre.

L’ultimo eremita della Sila non è morto, non è andato via: si è solo reso invisibile a noi profani, uomini insignificanti nel grande spettacolo della natura eterna.